Una balena bianca esce dalle acque, sembra quasi un fantasma vendicativo pronto a perseguitare l’uomo, che ha avuto la presunzione di poter piegare la natura al suo volere. Ma l’uomo non è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio per regnare indisturbato sul mondo, ne è solo una piccola parte. E’ questo che ci insegna Ron Howard, regista di “Heart of the Sea – Le Origini di Moby Dick”, film da oggi nelle sale italiane.
Si intitola, Le Origini di Moby Dick, perché non è l’adattamento cinematografico del romanzo di Herman Melville, ma quello della vera storia del viaggio drammatico della baleniera Essex, storia che ha ispirato lo stesso scrittore americano a scrivere il suo capolavoro, Moby Dick ( in cui però, compare solo parte della vicenda reale).
Heart of the Sea rivela le conseguenze dell’aggressione di quella balena dalle dimensioni e dalla forza elefantiache. Racconta di come i superstiti dell’equipaggio si spingono oltre i loro limiti, costretti a compiere l’impensabile per poter sopravvivere. Sfidando le intemperie, la fame, il panico e la disperazione, gli uomini mettono in discussione le loro convinzioni più radicate: dal valore della vita, alla moralità delle loro spedizioni.
Ad accompagnare Ron Howard nella narrazione ci sono i protagonisti del film: Chris Hemsworth (“The Avengers”; “Rush”) nei panni del veterano primo ufficiale della nave, Owen Chase; Benjamin Walker (“La Leggenda del Cacciatore di Vampiri”) è l’inesperto capitano George Pollard; Cillian Murphy (“Il Cavaliere Oscuro: Il Ritorno”) ritrae il secondo ufficiale, Matthew Joy; e Ben Whishaw (“Spectre” e “The Danish Girl”) è il romanziere Herman Melville, le cui indagini sul caso hanno contribuito a portare alla luce gli eventi della tragedia a distanza di 30 anni.
Benjamin Walker, che interpreta il capitano della Essex George Pollard, svela la questione su cui gira tutto il film: “Ci sono tre grandi prove racchiuse in questa storia: l’uomo contro l’uomo, l’uomo contro la natura, l’uomo contro sé stesso. Come si possono superare tutte queste sfide ed uscirne vivi? Questa è la questione centrale del film. Ma in tutto ciò, di bello emerge la resistenza dello spirito umano“.
Resistenza dello spirito, soprattutto, ma anche del corpo. L’equipaggio parte in perfetta forma, ma come gli uomini in guerra, subiscono ben presto un decadimento fisico, dopo il loro incontro con l’enorme balena bianca. Gli attori, allora, hanno dovuto patire un po’ la fame, tutti insieme, come il vero equipaggio della Essex. I realizzatori, però non avrebbero mai permesso loro di compromettere la salute durante la perdita di peso. I truccatori, guidati dalla make up e hair designer Fae Hammond, hanno evidenziato col loro lavoro una malnutrizione nell’aspetto di questi uomini, rendendoli sempre più emaciati. Inoltre, il trucco è stato utilizzato anche per mostrare gli effetti dannosi della disidratazione e della prolungata esposizione al sole. Facendo un ulteriore passo avanti, il team degli effetti visivi ha accuratamente rimosso la massa muscolare di ogni personaggio, per ottenere una forma fisica che convinca del fatto che non avevano altre scelte per porre fine al loro calvario.
Il costumista Julian Day rivela che anche la taglia dei costumi ha contribuito molto per ottenere un aspetto visibilmente dimagrito. “Abbiamo cucito dei vestiti un po’ più grandi, stretti sul retro da un laccio. Così facendo, man mano che proseguiva il viaggio allentavamo i lacci, facendo sembrare i vestiti più larghi, e in modo che vestissero in maniera diversa ogni attore”.
La manifestazione di deprivazione degli uomini era psicologica oltre che fisica, perciò i realizzatori hanno ingaggiato un consulente sulla sopravvivenza marittima Steven Callahan per aiutare gli attori a cogliere appieno ogni aspetto della prova. Un esperto marinaio, Callahan è naufragato ed è sopravvissuto per due mesi e mezzo su una zattera di salvataggio nell’Oceano Atlantico, e ha scritto la sua avventura in un libro intitolato Adrift. Sottolinea che l’istinto della lotta alla sopravvivenza non è cambiata con il tempo. “E’ stato interessante vedere questi ragazzi imparare a conoscere la sopravvivenza in termini mentali, pur essendo colpiti fisicamente. Tutto lo stress ed i costanti alti e bassi tra speranza e disperazione, sono pertinenti ad oggi come al passato“.
Un epopea dall’inizio alla fine, dunque, dietro e davanti la macchina da presa, una vicenda che non possiamo non andare a vedere coi nostri occhi.
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