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Se avessimo conosciuto Matisse ci saremmo chiesti come un artista così calmo, serioso, impettito ed elegante, abbia potuto concepire un’opera come La Gioia di vivere del 1906, espressione del ritmo brioso dell’esistenza, sensuale e ricco di impulsi. Eppure l’opera è lo spirito di Matisse. Solo un anno prima il movimento dei Fauves “uscì allo scoperto” al Salon Automne come rivoluzionario pur legandosi molto al precedente Espressionismo, a Cézanne, Van Gogh e Moreau. L’opera che oggi è conservata alla Barnes Foundation negli Stati Uniti, riflette la passione di Matisse per l’arte africana, che lo libera dall’ossessione per la rappresentazione della figura. Il colore e la composizione diventano pura estetica: l’unico modo per esprimere l’essenza di uno spirito gioioso.
La “belva” dei fauves, Matisse, nel dipinto raffigura dei nudi femminili con pochi tratti essenziali e sinuosi. Le Bagnanti di Cézanne a confronto sono legnose e ancora immerse in un paesaggio impressionista e verosimile. Matisse invece ha l’intuizione di far emergere la sensuale carnalità delle donne e dell’ambiente che le circonda, scegliendo tonalità in base alle proprie esigenze emotive attinte in un viaggio nel Mediterraneo. La vegetazione e il cielo non rappresentano più ciò che sono, ma si avvicinano all’astrazione. I corpi sono puro ritmo, che riempiono gli spazi in una scala di grandezze libere dalla prospettiva, che non fanno riposare lo sguardo.
Il mio obiettivo è rappresentare un’arte equilibrata e pura, un’arte che non inquieti né turbi. Desidero che l’uomo stanco, oberato e sfinito ritrovi davanti ai miei quadri la pace e la tranquillità.
Al centro della scena un girotondo di donne anticipano la Danza del 1910 in un inarrestabile richiamo all’armonia dell’universo, al richiamo della gioia di vivere, a costo di abbandonarsi ad un uso sfrenato dei colori.
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