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Le 3 Ferrari più esclusive di James Glickenhaus

James Glickenhaus ama le belle macchine e vanta una cultura motoristica di alto livello, che gli permette di fare grandi acquisti con le sue mille risorse.

Nella collezione personale di James Glickenhaus ci sono diverse Ferrari di altissimo pregio. Noi ne abbiamo scelto 3 delle più esclusive, per conoscerle più da vicino.

Giusto, però, spendere due parole sul grande appassionato statunitense, attivo nei settori dell’alta finanza e del cinema, con cattedra onoraria all’università di New York. Lui possiede varie creature del “cavallino rampante”, stradali o da gara, alcune delle quali in esemplare unico. Forte la sua passione per le sfide, come dimostrano i suoi progetti agonistici. Ecco le “rosse” del suo garage selezionate per voi.

Ferrari 166 S

Deriva dalla 166 Corsa ed è una barchetta nitida e senza leziosità stilistiche. La sua linea, semplice e priva di fronzoli, vuole essere razionale, come si conviene ad una creatura nata per badare al sodo. Il cuore del problema è quello di reperire risorse da destinare all’attività sportiva, per mantenere alto il livello di competitività preteso dal Commendatore.

Ecco allora l’idea di sfruttare la produzione commerciale per alimentare il budget necessario ad affrontare gli impegni agonistici. Una scelta storica importante, che consentirà all’azienda emiliana di sopravvivere e di diventare famosa a livello mondiale, grazie ai trionfi a raffica conseguiti in diverse aree del globo. Tale approccio filosofico diventerà metodo corrente negli anni successivi, esaltando la bontà dell’idea scaturita dal vulcanico cervello di Enzo Ferrari.

Pur essendo maggiormente votata all’uso stradale, la 166 S (Sport) si dimostra efficace sui campi di gara, tracciando un solco felice ripercorso da tante splendide “rosse” nate in epoca posteriore, che contribuiranno ad accrescere il mito del “cavallino rampante”. L’anima di questo modello è un 12 cilindri a V di due litri, capace di sviluppare la considerevole potenza di 110 Cv a 6000 giri al minuto.

Con una simile dotazione energetica si appropria di un universo prestazionale degno del marchio di cui si fregia. Grazie all’impiego della lamiera di alluminio per la carrozzeria, il peso si attesta sugli 800 kg, assicurando soddisfacenti livelli di brio. I freni a tamburo svolgono bene il loro lavoro, garantendo un discreto mordente. Prodotta in due soli esemplari, la nuova nata sviluppa una potenza sensibilmente inferiore alla versione Corsa, mentre il peso è più elevato di alcuni quintali.

Ai nastri di partenza della Targa Florio del 1948, disputata sulle strade del Giro di Sicilia, si presenta anche una 166 S, in mezzo ad un nugolo di 166 C, assillate da inconvenienti tecnici. La Sport, salda e resistente, conquista la vittoria con Biondetti e Troubetzkoy. L’avventura prosegue con la partecipazione di due S alla Mille Miglia, una delle quali in allestimento coupé Allemano. Quest’ultima, disegnata da Bruno Ermete, sarà la prima granturismo chiusa della Casa di Maranello.

Proprio a lei toccherà il successo finale, con Biondetti davanti agli agguerriti avversari. La gara, in realtà, doveva essere vinta dal mitico Tazio Nuvolari, alla guida di uno spider 159 S (trasformato in 166 C). Ma la funambolica prova del “Mantovano Volante” venne interrotta da un banale problema di componentistica. La qualità della performance ha però concorso ad alimentare il mito del grande asso italiano. La versione Corsa della 166 si distingue per il passo corto e i parafanghi di stampo motociclistico. Il peso totale scende a 680 kg, mentre la potenza passa a 140 Cv.

Ferrari 330 P4

La 330 P4 è un sogno destinato a pochi eletti con patrimoni da favola. Quasi impossibile trovare un esemplare in vendita, perché nessuno se ne vuole separare: un fatto ovvio per un gioiello da collezionismo senza eguali. Difficile ipotizzare un valore, ma le sue quotazioni sono al top. Roba da sultani e paperoni di Forbes.

Nella sua meccanica di alta classe si condensa la migliore tradizione del mito di Maranello. E’ una vettura robusta e prestante, ma pure scultorea e bilanciata. Appartiene alla stirpe delle “rosse” più affascinanti di tutti i tempi. Una superba opera d’arte, con una suggestiva armonia di forme. In tanti credono che sia la più bella Sport del firmamento automobilistico.

La linea della sua carrozzeria lascia estasiati, immersi nell’incanto delle magiche e sinuose curve che, nel loro morbido dipanarsi, inebriano i sensi degli appassionati. La 330 P4 è un’emozione, una confluenza di velocità, di tecniche, di stile e di melodie, che si fondono in un’eccitante miscela, la cui composizione effonde le rime di una poesia celestiale.

Il muso, basso e affilato, trasmette la grinta dei suoi cromosomi, mentre la coda, suadente e compatta, esprime il romanticismo della sua forza dinamica. Anche il cofano, incernierato sul tetto, estende i suoi muscoli con grazia divina. E’ un capolavoro assoluto, perfetto e proporzionato nei sensuali volumi, frutto di un lessico di aulica specie. Il sublime equilibrio che ne definisce l’azione consente a questa “rossa” di aggiudicarsi il combattuto Mondiale Marche del 1967, contro le agguerrite rivali a stelle e strisce.

Esteticamente simile alla P3 (dalla quale deriva), la 330 P4 vanta un telaio irrobustito e affinato. Si tratta di una struttura in tubi di acciaio, con elementi scatolati, che ospita il leggero involucro in allumino, forgiato da Piero Drogo. Valido l’assetto, garantito dalle sospensioni a quadrilateri deformabili; ottima l’integrità strutturale, che regala una marcia solida ed energica. La nuova creatura viene prodotta in quattro esemplari, uno dei quali in configurazione spider. Pesa 792 kg e gode della spinta di un affidabile 12 cilindri di 4 litri, curato da Franco Rocchi, che sviluppa 450 Cv a 8000 giri al minuto.

Questo propulsore, con funzione portante, segna l’esordio delle tre valvole per cilindro e di altri significativi affinamenti, nati dall’esperienza acquisita in Formula 1. Grazie al know-how tecnico l’iniezione indiretta Lucas ottiene la giusta valorizzazione. I condotti di aspirazione vengono posti al centro della V che separa le due bancate. Nuova la trasmissione, interamente costruita dalla factory emiliana. Il cambio, con frizione a dischi multipli, sfoggia ridotte dimensioni di ingombro e maggiore resistenza agli alti regimi di rotazione.

Gli interventi colgono nel segno e l’auto risulta molto più incisiva della progenitrice (che viene convertita allo stile dell’erede, con la sigla 412 P). Grazie ad essa si apre un nuovo e intenso capitolo nella lotta col gigante Ford, dopo che la brusca interruzione delle trattative per la vendita della Casa di Maranello, ormai in dirittura d’arrivo, aveva spinto il costruttore americano a lanciare il guanto si sfida, con l’evidente obiettivo di umiliare i bolidi italiani nel loro terreno di elezione: le corse!

L’azienda di Detroit vince nel 1966, ma è costretta ad abdicare alle “rosse” nella stagione successiva, grazie proprio alla P4, che nasce dal desiderio del Drake di rifarsi dello smacco, digerito amaramente. Il Commendatore esige il successo e convoca i suoi, per caricarli all’impresa. La chiamata alle armi funziona e i risultati non tardano ad arrivare.

Alla 24 Ore di Daytona del ‘67 è tripletta: vincono Bandini e Amon, seguiti da Parkes e Scarfiotti, entrambi sulla freccia scarlatta. Le due P4 e una 412 P, giunta terza, tagliano in formazione il traguardo. La scelta dell’allineamento sulla linea finale, voluta da Franco Lini, si rivela azzeccata, colpendo l’immaginario collettivo. Le foto delle “rosse” in parata conquistano le prime pagine di tutti i giornali, entrando nell’enciclopedia storica dell’automobilismo. Viene naturale leggere nelle modalità di arrivo un’efficace risposta alla vittoriosa sfilata di 3 Ford MKII alla maratona della Sarthe dell’anno precedente. Il primo conto di Ferrari è chiuso.

Nel prosieguo di stagione la 330 P4 ottiene la doppietta anche alla 1000 km di Monza, con Bandini e Amon davanti a Parkes e Scarfiotti. Alla Targa Florio, dinanzi al suo pubblico, Vaccarella è costretto al ritiro a causa di un lieve incidente a ridosso di Collesano. Senza questo imprevisto la classifica della gara madonita sarebbe stata diversa. Il “Preside Volante”, grande protagonista delle fasi iniziali della prova di casa, appare visibilmente contrariato. Al via della successiva 24 Ore di Le Mans ci sono otto Ferrari (metà delle quali P4) contro una sfilza di Ford. E’ subito lotta serrata, nonostante i 3 litri di handicap pagati dalle “rosse”. L’andatura è furibonda.

Vince la vettura statunitense, che sul traguardo precede i due bolidi del “cavallino rampante” condotti da Parkes-Scarfiotti e Mairesse-“Beurlys”. Per il Commendatore è grande delusione. L’alloro iridato è comunque destinato a rimanere in Europa. Alla 500 Miglia di Brands Hatch il ritmo brillante, tenuto nelle fasi conclusive, consente alla Sport emiliana di Chris Amon e Jackie Stewart di conseguire il secondo posto, alle spalle della enorme e folkloristica Chaparral. Molto più indietro le Porsche, che avevano vanamente sperato in una gara bagnata.

Per la tredicesima volta il Trofeo Costruttori finisce nelle mani della Casa di Maranello. Il conto col gigante Ford è definitivamente chiuso! Il merito va ad un’auto leggendaria, entrata nel cuore degli appassionati, più di qualsiasi altra creatura da corsa. Le nuove restrizioni regolamentari, che fissano per i prototipi una cilindrata massima di tre litri, impediranno la partecipazione della P4 al Campionato del 1968 che, per protesta, Ferrari non disputerà.

Ferrari P4/5

La P 4/5 è un esemplare unico, nato sulla base della Enzo, che sperimenta un nuovo lessico stilistico per offrire un prodotto esclusivo all’acquirente, il collezionista americano James Glickenhaus. Disegnata, progettata e costruita da Pininfarina, questa creatura ha trasformato un semplice sogno in splendida realtà.

La sua linea lascia estasiati, immersi nell’incanto delle sinuose curve e delle magiche e perfette proporzioni da top model. Il frontale, nitido e levigato, apre lo sguardo a un trionfo di fluenti volumi che profumano di raffinata grinta in ogni centimetro di carrozzeria.

Bassa e acquattata, con ampio e avvolgente parabrezza, la vettura sfoggia un frontale rastremato e una coda tronca, raccordata all’abitacolo da un lunotto trasparente a goccia. Le ampie prese d’aria sono perfettamente annegate nelle superfici che rivestono con aulica brillantezza il leggero involucro in fibra di carbonio. E’ una delle Ferrari più avvincenti di tutti i tempi.

Lo stile dell’aggressiva silhouette è stato elaborato con l’obiettivo di agevolare lo scorrimento dell’auto nell’aria, sfruttando lo scivolamento dell’aria sull’auto per generare un tale carico deportante da incollare il “mostro” all’asfalto. Giochi di prestigio che solo ai maghi di casa nostra potevano riuscire!

Il rombo del motore proietta i ricordi al memorabile arrivo in parata alla 24 di Daytona del 1967, vinta dall’incantevole 330 P4. Da quella grande icona della storia di Maranello trae ispirazione. Im-possibile non accorgersene! Le prestazioni sono sbalorditive, come si conviene a un gioiello che sfrutta il meglio della tecnologia del “cavallino rampante”.

Al conseguimento delle migliori performance concorrono il sei litri a 12 cilindri da 660 cavalli, l’attento studio aerodinamico e il peso, ancora più basso di quello della Enzo, di cui eredita la struttura fondamentale, a cominciare dalla cellula di sopravvivenza.

Più di 200 i componenti specificamente sviluppati: dai fari allo bi-xeno (con sistema a led gialli e bianchi) ai cerchi in lega di alluminio da 20 pollici fresati dal pieno, fino alle cerniere a vista gustosamente plasmate. Gli interni sono stati definiti in funzione delle misure del cliente.

Presentata al Concorso di Eleganza di Pebble Beach del 2006, la 612 P4/5 è subito diventata una instant classic. Il facoltoso proprietario ama portarla in giro per il mondo, consegnando piacevoli ricordi agli appassionati. Una conferma della sua versatilità d’uso, rara da riscontrare in simili capolavori, spesso votati a una destinazione salottiera. Il miglior modo per confermare l’ennesima sfida vinta da Pininfarina.



Bruna Marini Bruna Marini
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