Lo yacht Agneta è un pezzo di storia del nostro Paese, perché per lungo tempo è appartenuto a Gianni Agnelli. L’Avvocato, oltre ad essere un punto di riferimento dell’industria italiana, era un cultore del bello. Basta guardare il suo gioiello nautico per averne conferma.
Questa barca a vela, nata nel 1950, è lunga 25 metri. Il progetto reca la firma di Knud Reimers, cui si deve il merito delle sue seduzioni, che traducono in materia il gusto del committente, amante delle cose chic.
Il primo proprietario fu Mr. Wiberg, che mantenne la barca fino al 1959, quando passò nelle mani dell’uomo simbolo dell’industria italiana. Agnelli disputò con l’Agneta diverse regate veliche, godendosi l’esemplare per più di cinque lustri.
Poi passò nelle mani di altri proprietari, che ne hanno attualizzato lo splendore, senza inficiare le alchimie delle origini. La classe e l’eleganza emergono in tutti i dettagli di una composizione che profuma di stile in ogni centimetro dell’esecuzione, come si evince chiaramente dalle foto.
Giusto, a questo punto, tracciare un risalto del suo più celebre proprietario. Uomo di irraggiungibile fascino e di acuta intelligenza, Agnelli è riuscito col suo charme a sedurre re e capi di Stato, principi e sultani, banchieri e finanzieri, ma anche fiumi di gente comune.
Nato a Torino il 12 marzo del 1921, da Edoardo e dalla principessa Virginia Bourbon del Monte, Gianni Agnelli, all’età di 22 anni, fa il suo esordio nei piani alti dell’azienda fondata dal nonno. Risale al 1943, infatti, la sua nomina a vice-presidente della Fiat.
Alcuni anni dopo, nel 1953, convola a nozze con Marella Caracciolo di Castagneto, che gli darà due figli: Edoardo e Margherita. E’ un periodo felice per l’Avvocato che, da grande cultore del bello, ostile ad ogni forma di monotonia, conduce una vita mondana ai più alti livelli. Il suo stile fa scuola e, in tanti, si sforzano di imitarlo. Così sarà fino alla sua dipartita!
Nel 1963 viene nominato amministratore delegato della Fiat, all’ombra del rag. Valletta, ma già tre anni dopo, nel 1966, assume l’incarico di presidente della Società. L’Avvocato, da quel momento, conduce la sana azienda di famiglia verso nuovi e importanti traguardi, allargandone gli orizzonti e regalandole una connotazione internazionale.
Nuovi business affiancheranno l’attività principale, consacrando il gruppo al rango di mega-holding capace di creare migliaia di posti di lavoro e di donare immagine e prestigio al sistema Italia. Nel 1967 diventa presidente dell’ Editrice “La Stampa” e, due anni dopo, entra in partecipazione alla Ferrari.
All’inizio degli anni settanta è costretto a misurarsi con una devastante crisi petrolifera che mette in ginocchio l’industria automobilistica mondiale, conducendo la Fiat sull’orlo del collasso.
Agnelli, consapevole che per completare i previsti programmi di investimento, necessari per garantire un’ efficace presenza sui mercati, occorre una notevole iniezione di liquidità, stringe un accordo coi libici del colonnello Gheddafi. In tanti contestano la scelta, ma il tempo gli darà ragione.
Senza la sottoscrizione dell’aumento di capitale, mediante il versamento di 415 milioni di dollari, in cambio del 9,7% delle azioni ordinarie, la Fiat non sarebbe stata capace di far fronte alla difficile situazione contingente.
E non avrebbe potuto ammortizzare l’onda d’urto degli scioperi sistematici degli anni successivi, sviluppatesi in un clima sociale veramente rovente.
Dal 1974 al 1976 è presidente di Confindustria e, per stemperare le tensioni, sottoscrive con Luciano Lama e con le organizzazioni sindacali l’accordo sul “punto di contingenza”.
Grazie ad alcune felici intuizioni manageriali, l’Avvocato riesce a restituire alla Fiat la natura di entità produttiva ad alta efficienza; nel giro di pochi anni, il successo tornerà ad arridere ai marchi del gruppo torinese. Già presidente dell’Ifi e dell’ Exor Group S.A., viene nominato nel 1991 senatore dall’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Dal 2000 è membro onorario del Comitato Olimpico Internazionale.
L’Avvocato è un grande cultore dell’arte e della vela e coltiva due smisurate passioni sportive: la Juventus e la Ferrari. Dell’azienda di Maranello dice spesso: “Fa parte della mia vita!”.
Il suo ingresso nel capitale sociale della Ferrari avviene con grande discrezione, senza cenni di voracità speculativa, ma con l’amore, la passione e il rispetto che solo un gentiluomo può avere per l’eccellente lavoro svolto degli altri. Non entra mai in conflitto col “commendatore”, nei cui con-fronti prova una grande ammirazione, e conquista la sua stima e quella di tutta l’azienda.
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Foto | Sandemanyachtcompany.co.uk
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