Con 26 mila euro di reddito annuo ci si può considerare felici. Probabilmente molte persone non saranno d’accordo, ma questo è il risultato di una ricerca di Eugenio Proto della Warwick University in Gran Bretagna e Aldo Rustichini della University of Minnesota negli Stati Uniti.

Il loro studio mira a dimostrare che quella è la somma giusta per stare bene. Io credo che non sia il denaro a regalare la vera felicità, derivante dal cuore e dall’anima, ma i soldi aiutano a soddisfare certi bisogni materiali utili a vivere meglio la nostra esperienza terrena.

Il lavoro condotto dai due economisti ha fissato la cifra che centra in modo preciso il valore reddituale della felicità. Sotto i 26 mila euro bisogna privarsi di qualcosa, sopra quella soglia crescono certe aspirazioni, magari difficili da coronare, che generano stress. Non importa la cifra: più si ha e più si vuole avere.

Se si guadagna tanto, magari, si compra un’auto sportiva. Poi si va a un raduno e si scopre che qualcuno possiede un modello migliore. Si compra quello e si conosce una persona che ne ha una collezione. Mettendo in piedi una collezione si viene a sapere che il nuovo amico possiede pure uno yacht e un jet privato. Così si alimenta un confronto permanente, in cui ci sarà sempre qualcuno messo meglio. Anche diventando l’uomo più ricco del mondo non si ha le certezza di custodire per sempre il primato.

Tornando al tema iniziale, penso che sia difficile stabilire dei parametri rigidi per definire il livello ottimale di benessere e giovamento sensoriale. Gli studi sono opinabili e tracciano delle medie, che quindi generalizzano scenari da adattare poi ai singoli casi, per scendere nel dettaglio della situazione di ciascun soggetto e di ciascuna famiglia.

A prescindere dai numeri, su cui si può aprire una lunga discussione, è condivisibile quella parte di analisi in cui si dice che superando una soglia critica di reddito cresce la propensione alle spese di immagine, anche perché certi incassi potrebbero corrispondere a un ruolo sociale che impone un bisogno di visibilità e di adeguamento alla tendenza generale del nucleo di riferimento. Ciò porta ad effettuare spese che magari neppure si vorrebbero affrontare.

Ne guadagna comunque la società, perché circolando più denaro lavorano di più le imprese, ma il reddito residuo, al netto di questo, si avvicina in modo più o meno rilevante a quello di chi vive in una fascia più bassa. Quindi, per i bisogni essenziali, le differenti disponibilità potrebbero farsi, almeno in qualche caso, molto meno marcate di quanto si possa pensare. Resta il fatto, però, che guadagnando di più si ha qualche vantaggio.

Viaggiare su un’ammiraglia non è la stessa cosa di farlo su una modesta utilitaria. Abitare una casa di lusso non è la stessa cosa che abitare una catapecchia. Ma sono semplici dettagli per lo studio, che sorvola su questi aspetti. Del resto, si può anche immaginare che un modellino in scala di una Ferrari si possa mettere in moto per regalarci forti emozioni su strada e in pista, a un prezzo di poche decine di euro, ma è un sogno e ci vuole molta fantasia per farlo funzionare….

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ultimo aggiornamento: 29-11-2013