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Produrre una borsa da 1800 euro costa 93 euro: Armani sottoposta ad amministrazione giudiziaria
Possibile che una borsa Armani con prezzo di listino pari a 1800 euro abbia un costo di produzione di 93 euro? Secondo il Tribunale di Milano, che ha sottoposto ad amministrazione giudiziaria la maison, la risposta è affermativa. Di mezzo, ovviamente, c’è lo sfruttamento della manodopera cinese. Vediamo il quadro scioccante che è venuto fuori.
Armani: produrre una borsa da 1800 euro costa 93 euro
Venerdì 5 aprile, il Tribunale di Milano ha sottoposto ad amministrazione giudiziaria la Giorgio Armani Operations spa. Il motivo è presto detto: la maison vende un proprio modello di borsa a 1800 euro, ma il costo di produzione è pari a 93 euro. Il Nucleo Ispettorato del Lavoro del Comando Carabinieri del capoluogo lombardo ha condotto delle indagini che hanno portato alla chiusura di alcuni laboratori cinesi. Qui venivano prodotti, ovviamente in subappalto non autorizzato, alcuni accessori a marchio Armani.
E’ bene sottolineare che la famosa maison non è indagata perché la Procura ha ritenuto che la mancanza di controlli da parte loro sia colposa e non volontaria, motivo per cui sarà affiancata nella gestione dei rapporti con tutti i fornitori. Al contrario, l’accusa di caporalato pesa su altre due aziende della zona: la Manifatture Lombarde srl con sede nel milanese e la Minoronzoni srl di Bergamo.
In sostanza, queste due imprese si accordavano con Armani per la produzione della borsa da 1800 euro, poi subappaltavano il lavoro ad opifici cinesi. Questi ultimi, come è stato accertato dai Carabinieri, hanno usato “manodopera irregolare e clandestina in condizioni di sfruttamento“.
Ecco il video realizzato dai Carabinieri all’interno delle aziende cinesi:
Armani: la borsa da 1800 euro realizzata in condizioni di sfruttamento
In parole povere, Armani ha ingaggiato Manifatture Lombarde srl e Minoronzoni srl per la produzione della borsa da 1800 euro e le aziende, a loro volta, hanno commissionato la creazione ad alcuni opifici cinesi. Le borse venivano pagate 93 euro ognuna, per poi essere rivendute alla società appaltatrice in house a 250 euro. Al cliente finale, ossia i normali consumatori, il prezzo richiesto è di circa 1800 euro, con un rincaro di 1457 euro. Ad essere onesti, una borsa che vale 93 euro, ammesso che ci sia un intermediario di mezzo, dovrebbe essere rivenduta a 550, massimo 600 euro.
Tralasciando il prezzo di vendita, una cifra così alta come quella stabilita di Armani potrebbe essere giustificata solo da condizioni di lavoro agevoli, magari con benefit. Invece, i Carabinieri hanno accertato lo sfruttamento dei lavoratori. Nessuno di loro è stato sottoposto a visita medica di idoneità, mentre tutti sono stati trovati in grave pericolo perché i macchinari erano privi dei dispositivi di sicurezza. Come se non bastasse, le materie chimiche e infiammabili non erano custodite in modo corretto. Ciliegina sulla torta, i dipendenti dormivano in condizioni di fortuna all’interno dell’azienda, in alloggi degradanti e abusivi, e venivano pagati 2/3 euro l’ora.