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Alejandro Amenábar arriva al cinema con Regression, in uscita il 3 dicembre. Film che segna il ritorno del regista alla suspense, genere di cui è maestro e che ha segnato il suo debutto cinematografico nel 1996. Ad accompagnarlo in questa nuova avventura, c’era un cast internazionale davvero stellare: Ethan Hawke (Boyhood, Training Day), Emma Watson (La Bella e La Bestia, la Saga di Harry Potter), David Thewlis (La Teoria del Tutto, Harry Potter), David Dencik (La Talpa, Uomini che Odiano le Donne), Dale Dickey (Un Gelido Inverno, True Blood), Lothaire Bluteau (I Tudors) e Devon Bostick (Diario di una Schiappa).

Ispirato ad eventi realmente accaduti, il film ci riporta indietro agli anni ’90, in un piccolo paese del Minnesota. Qui il Detective Bruce Kenner (Ethan Hawke) si ritrova alle prese con un caso solo apparentemente semplice. La giovane Angela (Emma Watson) accusa il padre, John Gray (David Dencik), di un crimine terribile. Quando John, inaspettatamente e senza averne memoria, ammette la sua colpa, il famoso psicologo Dottor Raines (David Thewlis) viene chiamato per aiutarlo a rivivere i suoi ricordi, ma ciò che verrà scoperto smaschererà un orribile mistero.

E mai come in un thriller, mantenere la suspense e il mistero, è così importante. Per questo Regression è stato girato nel corso di otto settimane in location naturali attorno a Toronto e nei Pinewood studios. Doveva apparire reale. In fondo è una storia ambientata in quel passato recente che era ancora ancorato nella cultura pre-digitale, e gli è stata data struttura dei film degli anni ‘70. Per ottenere quella tipica imperfezione realistica, infatti, sono state scelte delle macchine da presa che simulano meglio, nel mondo digitale, quella struttura che conferisce uniformità alla pelle del viso, oltre che immagini fuori fuoco, una cosa molto comune all’epoca. Questo ha permesso di rimuovere la ruvidezza elettronica dei film contemporanei: sembra di vedere qualcosa accaduto in un’altra epoca, e sembra reale.

I costumi del film aggiungono, quindi, sono fondamentali, in quanto aggiungono informazioni rilevanti alla costruzione visiva dei personaggi, anche se il pubblico in genere non lo nota. “Il design dei costumi è una forma plastica con volume, colore e struttura che ha un ruolo importante all’interno dell’inquadratura”, chiarisce la costumista Sonia Grande. “Comunica delle informazioni che producono emozioni, suggeriscono idee riguardo al personaggio stesso, mostrando le sue caratteristiche principali e accentuandolo, contribuendo in questo modo alla storia e allo stile generale del film. I costumi dovrebbero rinforzare e accentuare il vocabolario visivo del film.”

Emma Watson, icona della moda, è stata sicuramente il personaggio più difficile, perché non le si più far indossare semplicemente qualsiasi cosa. Alejandro Amenábar, ha raccontato così l’esperienza:“L’avevamo sempre immaginata con quest’aria virginale, con fiori e seta. Ma improvvisamente Sonia le ha messo un grembiule e lei si è trovata benissimo. Ha delle idee brillanti. Un altro esempio è l’accappatoio di Rose (nonna di Angela aka Emma Watson), anche questo riuscito alla perfezione. Voleva vestire Bruce in maniera elegante, per renderlo attraente. Mentre Ethan non voleva apparire bello.”

Insomma, la comunicazione tra coloro che sono i responsabili della fotografia, dell’arte e del guardaroba è essenziale per la visione del regista e la storia, colori, strutture e atmosfere devono essere correttamente allineate. Nelle riunioni della truppe ciascuno portala sua esperienza e sensibilità, ognuno parla del personaggio in relazione al suo lavoro. Sonia Grande regala poesia ai personaggi. E’ un’esteta, che conosce bene la questione dell’illuminazione.

Quindi il lavoro principe del costumista è stato quello di riuscire a definire il personaggio e aiutare la narrazione in modo che lo spettatore capisca più facilmente la storia raccontata, in una narrazione visiva, estetica e poetica che dovrebbe fluire parallelamente al resto del discorso del film (set, fotografia, interpretazione, musica). “Il nostro compito consiste nel portare alla luce la personalità scritta sulla carta. Il punto non è creare un vestito o un abito, ma una persona nuova”, spiega Sonia Grande. “Mi sono ispirata molto al lavoro di Ralph Goings e di Richard Estes, e a quello di altri autori americani iperrealisti.” Ed è così che mentre erano in corso gli ultimi test dei costumi, gli attori hanno iniziato a immedesimarsi nei personaggi. “Pensi di aver chiamato un attore a recitare nel tuo film, mentre è la sceneggiatura che lo ha attratto, e a quel punto gli attori iniziano a fare conoscenza e a trovare l’affiatamento tra di loro.” ricorda il regista.

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ultimo aggiornamento: 01-12-2015