A pochi chilometri di distanza, 20 circa, dal territorio controllato dall’Is, nel Kurdistan iracheno una spedizione italiana ha effettuato una scoperta straordinaria. Nella provincia di Dohuk, che si trova nell’antica Mesopotamia, la culla della civiltà, sono stati rinvenuti oltre 500 siti, che risalgono fino a 10mila anni fa.
I siti, scoperti dopo tre campagne di ricerche, sono costituiti da antiche città e villaggi rurali, grotte e ripari, cimiteri, mulini, pozzi, cave, fornaci, recinti per animali, canali e antichi percorsi stradali. Gli studiosi potranno così ricostruire la storia, la demografia e l’economia di questa regione dall’VIII millennio a.C. all’epoca ottomana.
Le ricerche sono state condotte dalla missione archeologica dell’Università di Udine, diretta dal professore di archeologia del Vicino Oriente antico Daniele Morandi Bonacossi, che ha spiegato al Corriere:
“Un tesoro dell’umanità, sopravvissuto per migliaia di anni, che ora va difeso dal saccheggio a opera dell’Isis. Abbiamo lavorato nella regione del Kurdistan iracheno, regione autonoma dell’Iraq confederato che non è controllata dall’Isis. Ma in estate i jihadisti hanno attaccato la regione di Dohuk e preso la grande diga sul fiume Tigri vicino a Mosul, che si trova a soli 25 chilometri dalla nostra missione. Inutile negare che abbiamo percepito la tensione intorno a noi, ma abbiamo sempre lavorato in condizioni di sicurezza”
E’ quindi partito un piano di documentazione, conservazione, valorizzazione e gestione dei principali siti monumentali neo-assiri (VIII-VII secolo a.C.) collegati al sistema di irrigazione lungo 240 chilometri costruito dal re assiro Sennacherib a cavallo fra VIII e VII secolo a.C.
Le necropoli portate alla luce nel sito di Tell Gomel-Gaugamela, che risalgono ad un periodo che va dal 2.700 al 600 a.C., invece mostrano le prime possibili evidenze di un insediamento nelle campagne di Ninive (oggi Mosul): al loro interno ci sarebbero migliaia di prigionieri di guerra dei sovrani assiri che, nel I millennio a.C. deportarono oltre un milione e trecentomila persone. Si tratterebbe insomma delle prove di un antichissimo crimine di guerra.
Ha precisato il professor Morandi Bonacossi:
“Una scoperta di straordinaria importanza che apre la strada all’ipotesi che i resti dei defunti appartengano ai deportati delle campagne militari dei sovrani Sargon e Sennacherib in quelle regioni”
In un’area sepolcrale più recente sono state poi ritrovate una serie di tombe a cremazione, rituale funerario sconosciuto presso gli Assiri: veniva infatti praticato in Anatolia orientale e Siria settentrionale.
Per studiare i materiali raccolti i ricercatori italiani a gennaio torneranno sul campo. Sempre se la situazione politica rimarrà stabile, dato che per ragioni di sicurezza le ricerche sono già state circoscritte in una zona più a nord, perché la regione a sud di Dohuk è quella più vicina alla linea del fronte.
Via | Agi
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