Le decapitazioni, le precipitazioni, le minacce, i prigionieri arsi vivi, i bambini soldato, negli ultimi mesi la macchina propagandistica dello Stato Islamico aveva già dimostrato di saper utilizzare i mezzi di comunicazione per colpire l’immaginario delle potenziali reclute e dei nemici delle “nazioni infedeli”. Oggi da Mosul, l’antica Ninive, sono arrivate le immagini di un video in cui gli uomini di Abu Bakr al-Baghdadi si accaniscono contro le statue ospitate all’interno di un museo. Statue assire distrutte nel nome della “promozione dei valori e della virtù”. Fra le sculture distrutte c’è quella del toro alato, Nergal, antica divinità mesopotamica.

Sono gli idoli che le popolazioni del passato idolatravano prima che iniziasse il culto di Allah. È una ragione che basta per abbatterli, per farli diventare macerie e per esibire questi detriti al mondo. Per gli integralisti dell’Is è vietata qualsiasi riproduzione di esseri umani o animali, tanto più la raffigurazione di dei.

La distruzione di queste opere – alcune delle quali realizzate più di mille anni prima che nella Mezzaluna fertile arrivasse l’Islam con le sue leggi – serve alla propaganda per manifestare la follia (all’Occidente) e la determinazione (ai seguaci) degli uomini di al-Baghdadi. Le opere più preziose, invece, non verranno distrutte ma conservate per essere vendute al mercato nero, su canali ancora tutti da scoprire e intercettare.

È solo un altro capitolo del rapporto ambivalente fra il potere dittatoriale e l’arte, fra la dittatura e le pagine dei libri. Perché prima delle martellate, a Mosul sono andati in fumo i libri. Migliaia di volumi sono spariti per sempre dalla biblioteca centrale della città: storie per bambini, libri di poesia e testi di filosofia. Un altro rogo di libri è stato acceso all’università, davanti agli studenti. È stato arrestato il titolare della più antica libreria della città, reo di vendere libri cristiani.

Per lo Stato Islamico c’è un solo libro valido: il Corano. Un testo del quale vengono citate accuratamente e opportunisticamente solo le parti che possono servire alla causa.

La storia, d’altronde, ci ha abituati ai roghi di libri – dall’Inquisizione al nazismo, dall’incendio della biblioteca di Sarajevo nel 1992 a quello di quella di Baghdad nel 2003 -, così come ci ha abituati alla distruzione delle statue, da quelle dei leader deposti ai Buddha di Bamiyan distrutte dai talebani in Afghanistan. Secondo l’archeologa irachena Lamia al-Gailani dell’Institute of Archaelogy, i danni provocati quest’oggi dall’irruzione degli integralisti nel museo di Mosul sono incalcolabili e non circoscritti al patrimonio iracheno, ma a quello del mondo intero.

L’arte e la letteratura con la loro potenza rivelatrice, con il loro simbolismo capace di trascendere la realtà, scavalcano i muri che il potere costruisce con l’imposizione del pensiero unico.

L’azione distruttrice è pura propaganda. In realtà il potere mira a impossessarsi della bellezza, così come ambisce a essere unico depositario della sapienza. Per cui come i nazisti definivano degeneri le opere dei principali pittori del primo Novecento e poi le stoccavano e rivendevano sottobanco, così ora le milizie jihadiste distruggono a beneficio di videocamera, per poi autofinanziarsi con i pezzi pregiati lontano dagli obiettivi della propaganda. La fede in Mammona, insomma, è l’unico monoteismo che non passa mai di moda.

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ultimo aggiornamento: 26-02-2015