Il nuovo album, ma anche tanti aspetti inediti degli U2: The Edge, chitarrista e mente musicale del gruppo si è raccontato a 360°.

Venerdì 17 marzo uscirà il nuovo album dal titolo ‘Songs of Surrender’. Si tratta di 40 brani rivisitati nei testi e nella musica. Stiamo parlando degli U2 che hanno deciso di modificare alcuni loro vecchi successi per parlare della crisi dei migranti e della guerra. A raccontare di questo lavoro ma non solo è stato The Edge, chitarrista e molto altro della band, al Corriere della Sera.

The Edge degli U2: dal nuovo album ai problemi di attenzione

The Edge U2
The Edge U2

L’idea degli U2 è di far sentire la propria voce ai potenti del mondo per sottolineare cosa non vada tra guerre e crisi dei migranti. The Edge ha spiegato, per esempio, cosa ci sia dietro la modifica del testo in “Pride” dove appare un bambino su una spiaggia che non verrà mai baciato. Una frase già detta dal vivo nel tour del 2015, ispirata alla morte del piccolo Aylan, il bimbo siriano annegato al largo delle coste turche durante uno dei viaggi della speranza. “La situazione è destinata a peggiorare per il cambiamento climatico e sulla spinta dei nuovi mezzi di comunicazione. Il compito della comunità globale è evitare che degli Stati falliscano, che sia in Africa o in America centrale, altrimenti ci saranno nuove migrazioni di massa”.

Ma c’è anche il riferimento alla guerra che ritorna con la parola ‘Surrender’: “Anni fa non concepivo l’idea di una guerra giusta, ma l’Ucraina è giustificata dalla necessità che la sua sovranità venga rispettata e che gli invasori se ne vadano del tutto. Ma per noi quel titolo ha un significato più filosofico e spirituale legato all’accettazione di quello che siamo. L’accettazione è potere”.

Personale e gruppo

Ma nel corso dell’intervista c’è spazio anche a passaggi molto personali, sia dello stesso The Edge che dell’intera band: “Abbiamo imparato che i nostri limiti sono una forza. Io soffro di ADHD (disturbo da deficit di attenzione iperattività), nel lavoro mi concentro sui dettagli come se guardassi con uno zoom e ho bisogno della visione di uno come Bono che invece usa il grandangolo”.

“Devi accettare l’idea che non puoi essere un grande in tutto. Ce lo disse Brian Eno per primo di non preoccuparci del fatto che non fossimo dei grandi musicisti. Come del resto dei Velvet Underground era importante il mix – Mo Tucker non sapeva suonare la batteria e John Cale aveva fatto studi classici – ma sono stati una band seminale”.

Ancora sulla band: “Bono parla della nostra storia di cicli nascita-morte-rinascita? Abbiamo avuto momenti di enorme disaccordo che sarebbero potuti sfociare se non in una separazione in una lunga pausa. Prima di ‘Achtung Baby’ ci siamo andati vicini. La sfida di sincronizzare la vita privata con l’andare in tour è dura: lo fai se senti che con una band fai cose che non faresti da solo”.

Tutta l’intervista con molti altri temi sul Corriere della Sera.

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ultimo aggiornamento: 10-03-2023