Il turismo di lusso è un’opportunità di particolare interesse per le perle sconosciute dell’Italia, perché ha un valore aggiunto, di natura non discriminatoria, ma connesso alla capacità dell’utenza più facoltosa di incidere sull’economia dei luoghi, con una richiesta meglio intonata alle specificità dell’offerta locale.
Spesso i centri più interni, snobbati dai tour operator, che li tengono fuori dai circuiti che contano (ma non sempre), hanno nel tessuto produttivo delle piccole realtà imprenditoriali votate all’eccellenza, che sovente si traduce in offerte di nicchia…o quasi.
Qualche volta si tratta di artigianato artistico, altre volte di produzioni enogastronomiche di elevato pregio. In casi del genere non è difficile capire la migliore adesione di una domanda di fascia alta, come quella di un’utenza facoltosa e benestante, che non deve fare i conti con le ristrettezze economiche della gente comune, potendosi concedere il piacere di un ricamo di pregio, di un manufatto artistico di preziosa grazie e di altre amenità del genere, con un ritorno economico migliore per le casse locali.
Queste sarebbero investite da un minore giovamento con presenze meno robuste sul piano del portafoglio, ma l’analisi va spostata anche sul fronte dei numeri, perché grandi cifre in termini di presenze, anche se meno dotate finanziariamente, possono produrre volumi maggiori di fatturato, abbassando però le mire dell’offerta, costretta a scendere sul fronte dell’esclusività.
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