
Instabilità politica crescente e conseguenze di un conflitto fratricida in corso alla base della decisione della trentasettesima sessione del Comitato del patrimonio mondiale dell’umanità per UNESCO, riunitosi giovedì 20 giugno 2013 a Phnom Penh in Cambogia, che ha innescato l’iscrizione di alcuni luoghi siriani di particolare interesse storico-culturale sulla lista dei patrimoni in pericolo, sulla quale figurano anche mete maliane come la città di Timbuctù e le tombe di Askia. Un gesto più che simbolico, che mira a mobilitare l’attenzione della comunità internazionale e va in direzione di un’attenzione maggiorata, da seguire caso per caso.
E se non trapela nessuna informazione precisa sullo stato dei medesimi a causa della mancanza di osservatori in loco, Francisco Bandarin, direttore aggiunto incaricato alla cultura, raggiunto al telefono da Le Monde ha tenuto a precisare che:
hanno subito tutti dei danni certi, i più gravi dei quali ad Aleppo. Consideriamo che la situazione del paese mette tutti i siti a rischio.
Sorvegliate speciali quindi, segnalate attraverso i puntini rossi della mappa:
- Aleppo, un insieme unico di influssi ittiti, assiri, arabi, mongoli, mammalucchi e ottomani, sovrastata dalla sua cittadella monumentale del XIII° secolo.
- Gli 86 ettari della capitale Damasco, con i suoi 125 monumenti, tra i quali la Grande Moschea di Umayyads, costruita su un santuario assiro.
- Bosra, antica capitale della provincia romana d’Arabia, situata sulla rotta delle carovane in direzione de La Mecca, quasi intatta nonostante i suoi 2500 anni, con le sue rovine cristiane e il magnifico teatro del II° secolo.
- Ma anche la leggendaria oasi di Palmira, uno dei più importanti centri culturali dell’epoca, situata al crocevia tra la civiltà Greco-Romana e le tradizioni persiane locali, memore del suo passato romano grazie anche ad un colonnato lungo più di un chilometro.
- A destare particolare preoccupazione due fortezze risalenti ai tempi delle crociate: rispettivamente il Crac des Chevaliers, nido d’aquila costruito tra il 1142 e il 1271 dall’ordine cattolico-militare dei Cavalier dell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme (poi diventati Cavalieri di Malta) situato in un’invidiabile altura che sovrasta un paesaggio brullo e quasi selvaggio. E Qal’at Salah El-Din, il rifugio del Saladino, spettacolare costruzione in parte in rovina, della quale non si hanno più notizie.
- Come per i quaranta villaggi antichi abbarbicati sul massiccio calcareo (risalenti al periodo compreso tra il I° e il VII° secolo) situati nel nord del paese e iscritti nel 2011 grazie alle numerose testimonianze della realtà rurale della tarda antichità e dell’epoca bizantina, con pregevoli esempi di tecniche architettoniche e idrauliche tipiche della transizione tra l’impero romano e la cristianità.
In un conflitto che ha dimostrato scarsissimo rispetto per le vite umane, c’è ben poco da aspettarsi rispetto alla sorte delle vestigia di civiltà millenarie.
Via | lemonde.fr/culture