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I corvi di Van Gogh sono i padroni della notte, quella che l’artista dipinge nell’opera che si può considerare il suo testamento biologico: Campo di grano con volo di corvi (1890, Museo Van Gogh, Amsterdam). E’ un’opera dove si riversa il dramma personale di Van Gogh, tradotto in pittura in una ricerca spasmodica dei colori, ma dove emerge un’inesplosa energia vitale che contraddistingue ogni tratto, ogni gesto riservato da lui alla pittura. Le lettere al fratello Theo sono una testimonianza dell’ultimo anno di vita di Van Gogh:

Mi sono rimesso al lavoro, anche se il pennello mi casca quasi di mano e, sapendo perfettamente ciò che volevo, ho ancora dipinto tre grandi tele. Sono immense distese di grano sotto cieli tormentati, e non ho avuto difficoltà per cercare di esprimere la mia tristezza, l’estrema solitudine. (Lettera al fratello Theo)

Le ore passate all’aperto dopo il ricovero nella clinica di Saint Remy de Provence nel 1889 e gli anni di Parigi, hanno significato esperienze e contatti. Van Gogh ad Auvers sente di potersi sentire ancora una volta libero da movimenti pittorici, libero, seppur inquieto ed esasperato. Nell’opera il cielo è tormentato, la natura sembra avere la forza dei simboli e la notte si rivela più ricca di colori del giorno. Movimenti netti e spezzati del pennello, una materia invasiva, senza modulazioni. Due strade si aprono nel campo di grano e due stormi di corvi ne tracciano il percorso in volo: una visione sospesa, doppia, espressiva di una mente che trasfigurava la realtà in visione.

Van Gogh morì a causa di un colpo di pistola (dubbi ancora sull’origine del colpo), al ritorno da una delle sue passeggiate notturne, dopo un’usuale notte in un “campo di grano con volo di corvi”.

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ultimo aggiornamento: 06-06-2016