Cecile Kashetu Kyenge, il ministro per l’integrazione del nuovo governo Letta, si è presentata in una conferenza stampa. La donna ministro ha voluto subito sottolineare una cosa: a chi la definisce che lei è la prima ministra di colore, lei risponde di non essere di colore, ma di essere nera e fiera di esserlo.

Ma chi è Cecile Kashetu Kyenge? Lo ha raccontato lei stessa ai giornalisti, sottolineando come in lei esistano due culture e due paesi, l’Italia e il Congo. Il medico oculista ha anche ricordato che lei appartiene al Partito Democratico, un movimento che affronta l’immigrazione con una politica dell’accoglienza e non parlandone solamente in termini di sicurezza.

Ma il ministro per l’integrazione parla anche degli attacchi che lei stessa ha ricevuto, anche da altri colleghi:

Non ho risposto personalmente a questi attacchi anche perché mi sono sentita abbastanza tutelata e ho avuto il sostegno di tutti i componenti del governo.

Il ministro ha poi aggiunto che il nostro non è un paese razzista, dal momento che ha una tradizione di accoglienza e di ospitalità. Tradizione che bisogna riportare in auge. Gli attacchi, secondo lei, non sono la maggioranza, ma solo singole voci. Il ministro si sofferma anche sulla denuncia di Laura Boldrini, presidente della Camera, sui messaggi razzisti e sessisti sul web:

La violenza sulle donne è un tema che non riguarda solo gli italiani o solo gli immigrati. La violenza non ha colore. Quello che bisogna cambiare è la cultura sulle donne. Bisogna promuovere leggi che condannano la violenza e il femminicidio, a partire dalla ratifica della Convenzione di Istanbul. Le politiche di genere devono riguardare tutti i settori, a partire dalla scuola, perché i nostri figli crescano in modo diverso.

E proprio Laura Boldrini conferma di essere stata minacciata più volte di morte, ma anche di stupro, di sodomia, di tortura, su internet, dove secondo lei ci sono troppe campagne d’odio, talmente forti che è ora di una legge ad hoc.

Abbiamo due agenti della polizia postale, due, che lavorano alla Camera, distaccati qui a vigilare sulle moltissime violazioni di cui un luogo istituzionale come questo può essere oggetto. C’è stato il caso della parlamentare del Movimento Cinque Stelle di cui è stata violata la posta personale. C’è il caso di una deputata oggi ministra che non ha più potuto accedere ai suoi social network e teme che a suo nome si possano divulgare messaggi non suoi. Poi ci sono le minacce di morte nei miei confronti. Tutte donne, lo dico come dato di cronaca. So bene che la questione del controllo del web è delicatissima. Non per questo non dobbiamo porcela. Mi domando se sia giusto che una minaccia di morte che avviene in forma diretta, o attraverso una scritta sul muro sia considerata in modo diverso dalla stessa minaccia via web. Me lo domando, chiedo che si apra una discussione serena e seria. Se il web è vita reale, e lo è, se produce effetti reali, e li produce, allora non possiamo più considerare meno rilevante quel che accade in Rete rispetto a quel che succede per strada.

Via | Repubblica

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ultimo aggiornamento: 03-05-2013