Hanno inforcato il velo, la tuta, l’elmetto e le protezioni anti caduta, poi si sono messe in sella e hanno mostrato al mondo di che pasta sono fatte. Loro sono un gruppo di coraggiose donne afghane che sognano le Olimpiadi di Giappone 2020. Si scaldano i muscoli per le vie di Khabul, per le zone sterrate e sfidano il tabù islamico che taccia come “scandaloso” un comportamento che in Occidente è più che normale.

Parlavamo poco più di un mese fa del coraggio delle gentlewomen saudite che puntavano sulla provocazione di un flash bob automobilistico per sostenere il diritto a guidare la macchina. Oggi la nostra attenzione è diretta all’altrettanto importante gesto delle atlete afghane che si sono messe sulla loro bici facendo vedere di cosa sono capaci.

Ma nessun obiettivo di rivolta o scherno nei confronti di chi non le giudica all’altezza della situazione. A dirlo è Shannon Galpin, la ciclista americana che per prima ha attraversato i 225 chilometri della Valle del Panijshir in Afghanistan. Ed è proprio grazie a lei che le donne hanno scoperto la bellezza di questo sport, aiutate da una professionista a montare in sella e foraggiate con tutta l’attrezzatura adeguata:

Mariam, Nazifa, Massouma, Sadaf, Farzana e le altre compagne di squadra sono consapevoli dei rischi, ma non pensano di scendere in strada per manifestare. Vogliono provare un senso di libertà, migliorare la propria salute e diventare forti. E magari un giorno viaggiare, mostrare al mondo un volto diverso del proprio Paese e vedere la bandiera afgana sventolare durante una competizione internazionale.

E in effetti l’obiettivo delle atlete è quello di poter competere a livello olimpionico fra 7 anni. Intanto, con l’aiuto e il supporto della squadra maschile afghana della stessa disciplina, le signore in bici hanno un bel programma di allenamento per arrivare preparate alla meta. E in barba a chi urla allo scandalo loro abbassano la testa e accelerano orgogliose.

Screenshot | da Repubblica video; Repubblica

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ultimo aggiornamento: 10-12-2013