Una gravidanza può essere a basso, medio o alto rischio a seconda che siano, o meno, presenti, uno o più fattori che possono comprometterne il buon andamento, ovvero mettere a repentaglio la salute o la vita di mamma e bebè.

Ma mentre il pericolo per la vita della madre (mortalità materna), è molto basso in Italia, quello per la sopravvivenza del feto nell’utero è superiore, soprattutto entro la 28ma settimana di gestazione. La percentuale di gravidanze che si concludano con un aborto spontaneo è pari a circa il 10% del totale.

I sintomi di una gestazione ad alto rischio spesso si manifestano fin da subito, oppure nel prosieguo della gravidanza, con sanguinamenti, minacce di aborto, fitte e contrazioni uterine della madre. Talvolta, però, solo le analisi, le ecografie o gli esami a cui si sottopone la futura mamma possono svelare che esistano dei pericoli. Ma quali sono i principali fattori di rischio, sia primari (presenti ancor prima della concepimento), che secondari (che si manifestano durante la gravidanza), da considerare?

Sono davvero tantissimi, per quanto riguarda le cause primarie si va dalle malformazioni uterine materne alla presenza di fibromi o infezioni ginecologiche mai curate, dal fattore RH negativo materno fino a malattie della madre tra cui diabete, insufficienza renale, malattie autoimmuni.

Per quanto riguarda, invece, i fattori secondari, questi a loro volta sono svariati: gravidanza ectopica (extraeuterina), gestosi, esposizione a fattori inquinanti, malformazioni fetali, placenta previa eccetera. Il medico di solito “cataloga” una gravidanza come ad alto o basso rischio andando ad attribuire un punto ad ogni fattore potenzialmente in grado di danneggiare feto e madre, valutando anche l’anamnesi familiare e le precedenti gravidanza (o aborti) della paziente.

Successivamente, si stabilisce anche quale sia la terapia più idonea a trattare quella specifica gravidanza. Una gravidanza a basso rischio deve certo esser attentamente monitorata, ma la futura mamma può svolgere una vita più o meno normale, mentre le gravidanze ad alto rischio quelle in cui veramente si tema per la vita del feto (o della madre), prevede il ricovero in ospedale fino al parto, che in spesso viene programmato o indotto.

In questo modo gli specialisti sono sicuri che la paziente abbia la migliore assistenza, che eventuali condizioni patologiche si possano curare o tenere sotto controllo e che si proceda ad un intervento immediato, anche chirurgico, qualora se ne presenti la necessità. Se la sopravvivenza del feto dopo la nascita è a rischio a sua volta, allora sarebbe meglio che la futura mamma venisse ricoverata in un ospedale dotato di un reparto di terapia intensiva neonatale ben attrezzato.

In ogni caso, fidatevi sempre del vostro ginecologo e, seguite i suoi consigli e non trascurate neppure i più piccoli sintomi anomali. Ricordate, infine, che una mamma lavoratrice con gravidanza a rischio certificata ha diritto alla maternità anticipata con retribuzione completa.

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Foto| via Pinterest

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ultimo aggiornamento: 06-04-2014