Nell’era dei social network, il detto che recita che tutto il mondo è paese, sta sempre di più assumendo tutta un’altra sfumatura. Grazie alla rete infatti è molto semplice irrompere nella privacy della gente, un po’ come le vecchie commari dei paesetti di provincia, che sono sempre al corrente dei fatti di tutti. E così internet accorcia le distanze e fa diventare il mondo un’unica grande piazza virtuale dove la vita fluisce e non ci sono segreti.

Lo sa bene la signora Jilly White, fotografa della Carolina del Nord, che per pubblicizzare il proprio lavoro ha pensato bene di postare sulla sua pagina Facebook pubblica, un bel primo piano del sederino nudo della sua bimba di 2 anni, imitando la vignetta della celebre pubblicità Coppertone.

Ebbene, un utente di passaggio pare non abbia gradito molto il gesto e ha segnalato immediatamente il contenuto come inadeguato al centro assistenza. In risposta il team Facebook ha intimato la signora White di correre ai ripari, impostando il contenuto come privato o eliminandolo del tutto.

Al perentorio rifiuto della White, il social network l’ha bannata, bloccandole il profilo personale per 24 ore. La guerra dei Roses è proseguita con un ulteriore azione da parte di Jilly, che ha ripubblicato la foto bollando uno smile sulle nudità della bambina e facendo presente che il suo lavoro esige che i suoi contenuti siano pubblici.

La fotografa ha anche rilasciato un’intervista al Today show affermando:

Io non mi vergogno in ogni caso di chi sono o cosa faccio. Continuerò a pubblicare ed essere la persona di sempre. Facebook si arroga il diritto di vietare la pubblicazione di un’immagine di infanzia innocente, ma mi piacerebbe che desse un’occhiata anche a tutto quello che normalmente passa sui loro canali…

Sinceramente la questione è piuttosto antipatica. Perché da una parte riesce facile appoggiare la fermezza di chi sa esattamente cosa sta facendo, ma dall’altra un po’ ci fa storcere il naso pensare che una mamma si senta libera di postare foto della propria bambina in desabillé, lasciandole alla mercé della rete.

Non per fare i bigotti-esagerati-tarpatori di ali, però ci viene subito da pensare a tutti i deviati che abitano il web in caccia di materiale pedo-pornografico e che si imbattono fortunosamente per loro in immagini di un certo tipo, pure in alta risoluzione. E allora, possibile che per sponsorizzare il proprio lavoro si debba necessariamente mettere le foto dei propri figli semi-nudi in giro per il network?

Magari chi scrive non sa di che cosa parla, ma per mostrare bravura e confidenza con la super reflex digitale, non bastava immortalare, che ne so, un paesaggio o tutt’al più il cane di casa?

Via | Closer Weekly

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ultimo aggiornamento: 08-07-2014