Le parole “femminista” e “femminismo” sono ritornate ad essere oggetto di contestazione da parte delle donne stesse come non capitava dagli anni settanta. Termini fuori moda, anacronistici, disturbanti o inadeguati, settari, che hanno ormai perso potenza evocativa e simbolica, comunque la si voglia mettere, parole da rottamare.

Di recente aveva sollevato un gran polverone, a tal proposito, una sorta di curiosa protesta virale passata per i soliti social network in cui giovani donne privilegiate (si intende nate e cresciute in Paesi in cui la parità di genere e la lotta alla discriminazione femminile sono, se non raggiunte nella realtà, almeno garantite per legge) esprimevano in grandi cartelli le ragioni che le spingevano a dire no al femminismo.

Ma il colpo di grazia all’aggettivo “femminista”, se non al concetto, poteva arrivare nientemeno che da un’iniziativa promossa da Time magazine. La prestigiosa rivista ogni anno stila una classifica delle parole da “bannare” e chiede ai propri lettori internauti di votarle. Tra termini, modi di dire e locuzioni – tutte inglesi, naturalmente, come bossy (prepotente), basic e disrupt (disturbare) – percepite come moleste oppure inflazionate soprattutto sui social networks, era finita, appunto, anche “feminist“, con questa motivazione:

Non abbiamo nulla contro il femminismo in sé, ma che accade quanto l’aggettivo feminist viene usato da qualunque celebrità per identificare la propria posizione in merito, quasi si trattasse di un modo per fare politica?

Ovvero, “femminista” va bene, basta non usare la parola a sproposito. Ma cari amici del Time, questo non vale per qualunque parola di qualunque lingua e vocabolario esistente? Accortisi della gaffe e attaccati dalla femministe (evidentemente ce n’è ancora qualcuna in giro, forse qualche vecchia “strega” con la sigaretta in bocca a gli zoccoli ai piedi) quelli di Time, hanno rettificato ed eliminato “feminist” dalla lista della paroline da cancellare, chiedendo anche scusa con queste motivazioni:

La parola feminist non doveva essere inclusa nella lista delle parole da bannare. Volevamo solo invitare a riflettere sui modi in cui questo termine è stato usato nell’ultimo anno, ma questa sfumatura non è stata colta e ci dispiace che questa inclusione sia diventata elemento di distrazione dal giusto dibattito su temi come equità e giustizia

Corretto il tiro, risolta la questione? E’ da un po’ di tempo che tutto ciò che ha a che vedere con il femminismo, con quel che storicamente ha rappresentato e con ciò che ancora può insegnare alle giovani generazioni, non solo femminili, viene rimesso in discussione con tentativi più o meno scoperti di demolizione.

Dovremo proteggere queste parole così scomode come animali in via di estinzione? E allora, facciamo così, ripartiamo proprio dalla definizione del vocabolario (in questo caso la prima voce della parola femminismo, da cui femminista, in quanto aggettivo, discende, dal dizionario della Treccani):

Movimento di rivendicazione dei diritti economici, civili e politici delle donne; in senso più generale, insieme delle teorie che criticano la condizione tradizionale della donna e propongono nuove relazioni tra i generi nella sfera privata e una diversa collocazione sociale in quella pubblica

Se vi sembra da bannare…

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Foto| via Pinterest
Via | Time.com

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ultimo aggiornamento: 17-11-2014