Erika è solo un nome di fantasia ma è un nome che racconta la storia di tutte le donne sfruttate e maltrattate del mondo. Siamo a Vittoria in provincia di Ragusa ed Erika è una donna rumena che lavora nei campi, che fatica dalla mattina alla sera, guadagna pochi soldi e li manda quasi tutti in Romania per mantenere i suoi figli.

Lavorare nelle serre è dura, durissima, e lo è ancora di più quando non vengono garantite le minime condizioni umane, Erika lavorava moltissime ore al giorno, sotto al sole pungente delle campagne della costa siciliana, il problema più grave però è che dipendeva dal suo datore di lavoro per tutto, dall’andare dal medico all’uscire dalla zona del terreno coltivato, così come tutti i 4300 braccianti della zona.

Come se tutto questo non bastasse Erika è stata anche maltrattata e stuprata dal suo capo che per quattro volte con i suoi abusi l’ha messa incinta, lei per poter abortire è andata per tre volte in Romania affrontando 60 ore di autobus, l’ultima volta invece lo ha fatto da sola con l’acqua bollente mettendo a rischio anche la sua vita.

Erika ha provato a scappare ma è stata trovata subito dopo, lui l’ha minacciata e lei ha provato a scappar via di nuovo la stessa sera ma è inciampata nel filo spinato che questo mostro aveva messo davanti alla sua abitazione, poi il giorno dopo vedendo le ferite le ha fatto capire che tanto non sarebbe mai potuta scappare.

La comunità rumena purtroppo è molto chiusa e i datori di lavoro se ne approfittano, sia nel caso di Erika con le violenze sessuali che con lo sfruttamento, vengono sottoposti a ritmi di lavoro disumani e pagati una miseria. Pian piano le cose stanno cambiando e nei paesini del ragusano si è attivata una rete di sostegno e controllo verso queste persone. Speriamo che non si debba per forza arrivare a quello che ha subito Erika per costringere le istituzioni ad andare un po’ più a fondo nelle cose, soprattutto quando si tratta di manodopera straniera.

Fonte | corriere

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ultimo aggiornamento: 10-06-2015