
Picture taken on October 12, 2012 in Vallon-Pont-d'Arc of a prototype of painting of the facsimile of the Chauvet cave, which contains some of the earliest known cave paintings Arc, on the day of its launching. The access to Chauvet's cave is severely restricted owing to the experience with decorated caves such as Lascaux, where the admission of visitors on a large scale led to the growth of mold on the walls that damaged the art in places. AFP PHOTO / JEFF PACHOUD (Photo credit should read JEFF PACHOUD/AFP/Getty Images)
Per secoli lo stereotipo della vita preistorica è stato il seguente: gli uomini a caccia, le donne nelle grotte o a cogliere le bacche per il nutrimento. Bene, oltre a questo pare che le donne preistoriche siano state anche le prime artiste della storia, dalle cui mani sono emersi quei graffiti che fanno parte dell’enorme patrimonio di pittura rupestre che abbiamo a testimonianza di ere antiche.
Recenti studi di ricercatori, con a capo l’archeologo Dean Snow, docente della Pennsylvania State University, hanno messo in discussione quello che per anni è stato considerato un cosidetto “dogma archeologico”, che attribuiva all’uomo primitivo i disegni ritrovati nelle caverne in molte parti del mondo. Rivelando invece che gran parte delle antiche pitture rupestri preistoriche sono state eseguite da esponenti del genere femminile.
Come è possibile dimostrare questa tesi? Dalle impronte lasciate: esaminando le contro-impronte di mano lasciate sulle pareti di 8 siti diversi tra Francia e Spagna – dove si trovano pitture risalenti tra i 40 e i 12 mila anni fa – e confrontando le lunghezze di alcune dita, si è potuto dimostrare che almeno i tre quarti delle impronte appartengono a mani femminili.
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Lo studio di Snow parte da un altro studio di un biologo britannico, John Manning, sulla lunghezza delle dita e la conformazione delle mani degli esseri preistorici: secondo Manning, le donne tendono ad avere anulare e indice della stessa lunghezza, mentre negli uomini l’anulare è più lungo rispetto all’indice. Da lì sono partite le sue ricerche e le sue teorie, creando degli algoritmi con i quali calcolare le misure e prevedere se un’impronta appartiene a una mano maschile o femminile.
Certo, esiste un margine d’errore, come esiste un filone di scettici, tra biologi ed archeologi, molti dei quali sostengono addirittura che gli stencil delle mani appartengono a giovani e adolescenti avventurosi o sciamani. In quest’ultimo caso, tuttavia, non si escluderebbe di nuovo la presenza di donne, visto che molti di loro erano donne o transessuali.
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