
An Iranian woman walks past a wall in Tehran on March 8, 2015, bearing stains of exploded fire crackers from last years Fire feast, or Chaharshanbeh Soori, held annually on eve of the last Wednesday before the Persian new year of Noruz. Noruz is the new year according to the Persian solar calendar and is a Zoroastrian tradition, still celebrated by Iranians even after Islam. Noruz will be celebrated this year on 21st of March. AFP PHOTO / BEHROUZ MEHRI (Photo credit should read BEHROUZ MEHRI/AFP/Getty Images)
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Zeinab Sekaanvand Lokran è una ragazza di 22 anni curdo iraniana che rischia di essere uccisa entro pochi giorni, è stata condannata a morte e accusata di aver ucciso il marito, marito che la violentava e la picchiava da quando a soli 15 anni è stata data in sposa a quest’uomo molto più grande di lei. Nel 2012 è stata accusata di omicidio, è stata arrestata e dopo 20 giorni di torture ha confessato il crimine, é stata tenuta in isolamento e non ha potuto avere neanche un avvocato. Solo durante l’udienza finale la fecero parlare con un avvocato d’ufficio che le consigliò di ritrattare la confessione che le è stata estorta dopo giorni di torture, il giudice non ne tenne conto e la condannò a morte.
Zeinab Sekaanvand Lokran era una sposa bambina, una ragazzina che sperava di sfuggire dalla povertà sposando un uomo più grande, poco dopo quella che doveva essere la sua salvezza diventò un incubo. Il marito la picchiava e la violentava, lei ha chiesto aiuto alla polizia ma nessuno l’ha ascoltata, non ha potuto fare altro che chiedere il divorzio ma il marito non glielo ha concesso. Il marito in seguito è stato trovato morto e l’accusa è caduta su di lei, è stata trattenuta per 20 giorni dalla polizia e alla fine, probabilmente per interrompere le torture, ha confessato, spinta anche dal cognato che le aveva promesso che l’avrebbe perdonata. In Iran i parenti possono perdonare e sospendere la pena, ma lui non fece nulla. Dopo aver parlato con l’avvocato la ragazza ha ritrattato la confessione accusando il cognato ma non c’è stato niente da fare: il 18 ottobre del 2014 fu condannata a morte e messa il prigione.
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La ragazza mentre era in prigione si è risposata ed è rimasta incinta, questo ha portato alla sospensione temporanea dell’esecuzione, purtroppo il 30 settembre il suo bambino è nato morto e la condanna è tornata attiva. Adesso c’è pochissimo tempo per salvare la vita Zeinab Sekaanvand Lokran, Amnesty International sta combattendo con tutte le sue forze anche perché la ragazza era minorenne ai tempi dell’omicidio. L’Iran ha sottoscritto la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e almeno sulla carta non può seguire le condanne a morte per i minori.