
LOS ANGELES, CALIFORNIA - MAY 29: The Netflix logo is displayed at Netflix offices on Sunset Boulevard on May 29, 2019 in Los Angeles, California. Netflix chief content officer Ted Sarandos said the company will reconsider their 'entire investment' in Georgia if a strict new abortion law is not overturned in the state. According to state data, the film industry in Georgia contributed $2.7 billion in direct spending while supporting 92,000 local jobs. (Photo by Mario Tama/Getty Images)
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Quello che sta accadendo negli Stati Uniti è inspiegabile. Dopo anni di lotte e di conquiste stiamo assistendo a un passo indietro di 50 anni. Le leggi anti aborto varate in Louisiana, Alabama, Missouri e Georgia, e che sono in fase di approvazione in altri 16 Stati, impediscono alle donne di scegliere per il proprio corpo e per la vita, diminuiscono le settimane entro le quali si può interrompere la gravidanza e nei casi più restrittivi le limitano a 6 settimane, quando molto spesso le donne non sanno nemmeno di aspettare un bambino.
In queste settimane ci sono state manifestazioni, proteste, prese di posizione da parte delle star di Hollywood e delle cantanti, testimonianze toccanti come quella di Milla Jovovich e anche l’hashtag #YouKnowMe per sensibilizzare tutti su questo delicato argomento.
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In Georgia la legge antiaborto è passata e il governatore Brian Kemp l’ha approvata il 7 maggio ma diventerà effettiva dal primo gennaio del 2020. Per cercare di mettere il Governo alle strette stanno scendo in campo anche le case di produzione, Netflix ad esempio ha dichiarato che se la legge anti aborto verrà applicata, non lavorerà più in Georgia. Una minaccia non da poco se si considera che grazie ai vantaggi fiscali promossi dallo stato, in Georgia vengono fatte moltissime produzioni, ad esempio Stranger Things, Black Panther, l’ultimo Avengers e Handmaid’s Tale giusto per citarne qualcuno.
La rivolta degli attori si è mossa anche qui, alcuni hanno scelto di interrompere gli investimenti, altri di donare dei soldi alle associazioni e agli attivisti che combattono questa legge in prima linea, e altri ancora hanno già fatto le valigie.
Ted Sarandos, chief content officer di Netflix, ha dichiarato a Variety: [quote layout=”big” cite=”Ted Sarandos]“Abbiamo molte donne che lavorano in produzioni in Georgia, i cui diritti – assieme a quelli di milioni di altre – saranno gravemente limitati da questa legge. È per questo che lavoreremo con l’ACLU (Unione Americana per le Libertà Civili, ndr.) e altri (attivisti, ndr) per combatterla in tribunale. Dato che la legislazione non è stata ancora implementata, al momento continueremo a girare lì, sostenendo i nostri partner e gli altri artisti che decidono di non farlo. Se mai dovesse entrare in vigore, dovremmo ripensare al nostro intero investimento in Georgia”.[/quote]