
Il virus mortale in acqua (Depositphotos foto) - www.pinkblog.it
Un pericoloso microrganismo presente in alcune acque può provocare gravi infezioni cerebrali, avvertono gli esperti.
È stato confermato un decesso pediatrico causato da una rara e letale ameba mangia-cervello, la Naegleria fowleri, in un lago della Carolina del Sud. Secondo le autorità sanitarie locali, il caso rappresenta il primo episodio registrato nello stato dal 2016, attirando nuovamente l’attenzione sui rischi legati alle attività ricreative in acque dolci calde.
Il decesso è stato ufficializzato il 22 luglio dal Prisma Health Richland Hospital di Columbia e confermato dal Dipartimento della Salute Pubblica della Carolina del Sud (DPH) in una nota inviata a Fox News Digital. Il giovane paziente è morto a seguito dell’infezione da Naegleria fowleri, un’ameba che provoca una gravissima forma di meningite nota come meningoencefalite amebica primaria (PAM).
Il DPH ha indicato che il possibile luogo di contagio è il lago Murray, anche se non è escluso che l’ameba possa essere stata presente in altri specchi d’acqua della zona, dati i suoi habitat naturali che comprendono laghi, fiumi e corsi d’acqua caldi. Il rischio di esposizione, infatti, aumenta con attività come nuoto o immersioni in acque dolci con temperature superiori ai 25 °C, soprattutto nei mesi estivi di luglio, agosto e settembre.
Sintomi, diagnosi e mortalità della meningoencefalite amebica primaria
L’infezione da Naegleria fowleri è estremamente rara negli Stati Uniti, con meno di 10 casi segnalati ogni anno, ma presenta un tasso di mortalità superiore al 97%, come riportato dal CDC (Centers for Disease Control and Prevention). La malattia si manifesta in genere tra uno e dodici giorni dopo l’esposizione, con sintomi iniziali quali mal di testa intenso, nausea, febbre e vomito.
Con il progredire dell’infezione, il paziente può accusare confusione mentale, rigidità del collo, disorientamento, convulsioni e, nei casi più gravi, coma. La morte può sopraggiungere da uno a diciotto giorni dall’insorgenza dei primi sintomi, con una media di circa cinque giorni.

Secondo la dottoressa Tammy Lundstrom, specialista in malattie infettive presso Trinity Health nel Michigan, «il rischio di contrarre l’ameba mangia-cervello è molto basso, ma purtroppo la maggior parte dei casi è fatale. Tra i pazienti infetti, solo pochi sono sopravvissuti». È importante sottolineare che l’infezione non si trasmette da persona a persona.
Prevenzione e trattamento dell’ameba mangia-cervello
Le autorità sanitarie della Carolina del Sud hanno sottolineato che l’infezione avviene esclusivamente quando l’acqua contaminata entra con forza nel naso, ad esempio durante tuffi o immersioni. Per limitare il rischio di contagio, è consigliato tenere il naso chiuso con apposite clip, evitare di immergere completamente la testa e preferire attività acquatiche in cui l’ingresso dell’acqua nelle cavità nasali sia ridotto. Il CDC raccomanda inoltre di evitare di agitare i sedimenti sul fondo di laghi, stagni o fiumi, poiché l’ameba vive nel terreno e può essere sollevata nel corso di tali movimenti.
Da un punto di vista terapeutico, la diagnosi precoce è fondamentale, ma il trattamento rimane complicato e poco efficace a causa dell’elevata letalità della PAM. La dottoressa Lundstrom spiega che la cura prevede l’uso combinato di farmaci antimicotici e antibiotici, tra cui rifampicina e azitromicina. Un ruolo promettente è svolto dalla miltefosina, un farmaco antimicotico che ha dimostrato in laboratorio di uccidere la Naegleria fowleri ed è stato impiegato con successo in alcuni casi di sopravvivenza.
Nonostante ciò, l’efficacia dei trattamenti sulle persone infette rimane incerta, principalmente a causa della rarità e della gravità della malattia. Il CDC invita chiunque abbia sviluppato improvvisamente sintomi come mal di testa severo, febbre, rigidità del collo o vomito, soprattutto se ha recentemente nuotato in acque dolci calde, a consultare immediatamente un medico. Il caso recente in Carolina del Sud riporta nuovamente l’attenzione sull’importanza della prevenzione, soprattutto in estate, quando le condizioni ambientali favoriscono la proliferazione di questo microrganismo letale.