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Hayez falso, Hayez teatrale. Questi sono solo due delle opinioni dello storico dell’arte Argan di fronte alle opere di Francesco Hayez, artista veneziano di origine francese. Difficile per noi contemporanei allinearci con queste autorevoli idee, attratti più che mai dal sentimento romantico, a cui i secoli di arte del ‘900 ci hanno disabituato. Le 120 opere che saranno in mostra dal 6 novembre alle Gallerie d’Italia di Milano ci porteranno negli anni del Risorgimento italiano che la pittura di storia, come quella di Hayez hanno scritto e de-scritto attraverso l’uso di un linguaggio coinvolgente, con personaggi della mitologia pronti a vestire i panni della contemporaneità.

Da veneziano, Hayez amò i coloristi: Tiziano, la scuola veneta e Tiepolo, ma si temperò con il “divino Raffaello”, da cui apprese e intensificò la cura per il disegno. Le opere in mostra provenienti da istituzioni pubbliche e private metteranno in luce la vicinanza dei primi anni al Neoclassicismo e le trasformazioni formali in linea con la nascente sensibilità romantica di metà ‘800. Il Ritratto di Manzoni del 1841, moderatamente realistico, la Malinconia dello stesso periodo e la Meditazione del 1851 sono opere che riflettono con il ritratto i sentimenti di un’Italia pre e post risorgimentale, in cui all’entusiasmo seguì la delusione degli ideali.

Il lavoro come scenografo per melodrammi, porta Hayez a mettere a punto moderni studi sulle espressioni e sulla gestualità; da qui le composizioni di pittura di storia tratte dalle opere della letteratura contemporanea come il Carmagnola da Manzoni, o i Profughi di Parga da Berchet, dove il sentimento patriottico è rafforzato dalla teatralità, dal colore e dalla luce per atmosfere suggestive capaci di risvegliare l’emotività.
Si farà fatica a riconoscere Hayez nell’opera giovanile da “pittore veneto” ne La morte di Abradate (1813) che contrasta con l’esasperazione tragica da pittore romantico in Papa Urbano II sulla piazza di Clermont predica la prima crociata del 1835. Il disordine della folla è bilanciato dallo sguardo speranzoso di due innamorati che anticipano i soggetti del famoso Bacio del ’59. Esposti troveremo gli autoritratti di Hayez e le inedite lunette di un ciclo di affreschi realizzato nel 1819 per il Palazzo Ducale di Venezia.

Il Bacio si triplica: in mostra infatti le tre versioni del dipinto l’addio del volontario alla sua amata; la prima versione realizzata per Alfonso Maria Visconti di Saliceto con i colori degli abiti della bandiera francese, la seconda della bandiera italiana e con una fonte battesimale sullo sfondo, la terza del 1861 con il bianco del vestito della ragazza che allude alla purezza della nuova Italia.

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ultimo aggiornamento: 13-10-2015