Con il termine convivente more uxorio, secondo la locuzione latina da cui deriva, indica un rapporto d’amore tra due persone che convivono insieme pur non essendo sposate. Si tratta di persone che hanno formato una famiglia di fatto, senza aver contratto il vincolo del matrimonio civile o religioso che sia.

Proprio nel 2012 la Corte d’Appello di Milano ha sancito che con il termine di convivente more uxorio si devono includere anche le coppie omosessuali, che quindi hanno diritto ad un trattamento uguale a quello assicurato dalla nostra legge alle coppie sposate. Diversi i diritti che i giudici della Corte di Cassazione hanno ritenuto come sacrosanti anche in assenza del vincolo di matrimonio e in presenza, di fatto, di una relazione equiparabile a quella di due coniugi.

In particolare al convivente more uxorio, non più considerato come un semplice coinquilino, è stato riconosciuto il diritto alla possessione della casa dove la vita famigliare comune si svolge: anche se l’altro convivente è proprietario dell’abitazione, il convivente non può esserne mandato via, senza un preavviso e senza un accordo tra le parti. La distinzione tra coniuge e convivente, infatti:

non comporta che, in una unione libera che tuttavia abbia assunto, per durata, stabilità, esclusività e contribuzione, i caratteri di comunità familiare, il rapporto del soggetto con la casa destinata ad abitazione comune, ma di proprietà dell’altro convivente, si fondi su un titolo giuridicamente irrilevante quale l’ospitalità, anzichè sul negozio a contenuto personale alla base della scelta di vivere insieme e di instaurare un consorzio familiare, come tale anche socialmente riconoscibile.

Via | professionegiustizia

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ultimo aggiornamento: 10-12-2013