
Romanian women, who have lent their faces to a campaign against domestic violence by being photographed as abused, disfigured by bruises or scars, protests in front of the Romanian Parliament in Bucharest on November 25, 2011. Official statistics put the number of deaths caused by domestic violence in Romania at around 800 between 2004 and 2009. AFP PHOTO / DANIEL MIHAILESCU (Photo credit should read DANIEL MIHAILESCU/AFP/Getty Images)
Ci sono voluti un anno e mezzo di botte e maltrattamenti, è dovuta finire in ospedale per 15 volte prima che una donna milanese di 48 anni trovasse la forza ed il coraggio per chiamare la polizia e denunciare il suo carnefice. Il carnefice in questione è il convivente della donna, un uomo di 42 anni con cui conviveva dal 2012 in un appartamento a Rho nell’hinterland milanese.
La violenza fisica nei casi come questo diventa ben poca cosa rispetto a quella psicologica, la paura e la pressione domestica annientano del tutto l’autostima e la forza per reagire e ci si ritrova in trappola, dentro e fuori da noi stessi. Questa donna è finita in ospedale per ben 15 volte negli ultimi 18 mesi riportando ferite sempre più gravi, da calci, pugni e ginocchiate si è passati a morsi e ferite provocate da oggetti contundenti come un telecomando o un ombrello, per poi arrivare alle fratture: il setto nasale nel febbraio del 2013 e l’anca a giugno dello stesso anno. L’ultima esclation di violenza domestica è culminata con calci sulla mandibola e ginocchiate sul petto che hanno costretto la donna a chiedere aiuto alla polizia.
Il compagno Massimiliano Enrico Pedrazzini, un disoccupato di 42 anni, è stato già arrestato con l’accusa di maltrattamenti in famiglia e lesioni aggravate e continuate. Quello che lascia sgomenti è che nonostante tutto la donna, probabilmente vinta dai rimorsi per averlo denunciato, continuava a minimizzare e a difenderlo, sostenendo di essere innamorata e che lui la picchiava perché “istigato da altre persone”.
La violenza psicologica è molto difficile da debellare, si entra in una spirale di giustificazioni, scuse, seconde possibilità e alibi in cui le vittime diventano le carnefici di se stesse. Speriamo che con il tempo, ed il giusto supporto psicologico, la donna riesca a guarire sia dentro che fuori.
Fonte | repubblica