Può un quadro ispirare un intero musical? Evidentemente sì, e la prova sta tutta nello spettacolo di Stephen Sondheimdu, ispirato dalla magnifica tela di Georges Seurat intitolata “Un dimanche après-midi à l’île de la Grande Jatte”, un olio su tela realizzato tra il 1884 e il 1886 e custodito all’Art Institut de Chicago. Il musical in questione mette in scena proprio i personaggi dell’opera, in una rappresentazione che può vantare produzione e orchestrazione rinnovate, una première in France, che è già in scena presso il Théâtre du Châtelet, dove sarà visibile fino al 25 aprile 2013. Quasi tre ore, interatto compreso, in versione originale inglese con sottotitoli in francese, che ripercorrono la bruciante passione del pittore e invitano lo spettatore a riflettere sull’impeto e lo sviluppo del processo creativo.
Lo spettacolo originale, messo in scena nel 1983 a Broadway da James Lapine su produzione della the Shubert Organization et Emanuel Azenberg (e vincitore nel 1985 del Pulitzer Prize for Drama) ritorna a Parigi in accordo con la Playwrights Horizon, Inc. di New York City, proprio nella città in cui nacque la scena sulla quale è costruita la storia della realizzazione dell’immenso dipinto, creato dal pittore con la tecnica del puntinismo e talmente importante da assorbire tutte le energie di Seurat, che nel primo atto arriva persino a dimenticare Dot (allegoria del punto stesso), la sua amante incinta, con il noto Mandy Patinkin nel ruolo dell’artista e, nel secondo atto, del suo pronipote fittizio.
Una delle ragioni dell’infatuazione per il soggetto pittorico ce la racconta lo stesso Sondheim, in un insieme di frasi, tratte dal sito del teatro parigino ospitante, che raccontano la nascita della pièce dalla discussione con Lapine:

Una sera mi chiese che genere di commedia musicale avessi preferito scrivere e gli risposi “theme and variations”. Per illustrare le mie intenzioni gli ho descritto la mia visione originale di “A Little Night Music”, poi gli ho mostrato una rivista d’arte francese che si chiama “Bizarre”, che aveva consacrato un intero numero alle variazioni della Gioconda: baffuta, tagliata e ricomposta, in un disegno umoristico di Charles Addams; grattata alla paglietta, etc, accompagnata da decine e decine di battute e aneddoti che la riguardano. Ci siamo lanciati in una discussione sulla pittura francese e James ha tirato fuori il Seurat che aveva utilizzato in “Photograph”, una pièce ricavata da Gertrude Stein che aveva adattato con i suoi allievi quando insegnava concezioni d’affiches a Yale. Abbiamo constatato che la rappresentazione dell’isola di Seurat assomigliava molto a una scenografia teatrale. Ci siamo resi conto che nessuno dei cinquanta personaggi presenti sulla tela guardava uno degli altri, ci siamo quindi interrogati sulle ragioni che li spingevano a distogliere lo sguardo in questa maniera e ci siamo accorti che stavamo parlando di una pièce, forse di un musical.
James ha detto: “Ciò che ci manca è il protagonista?”, io gli ho chiesto “Chi?” e lui ha risposto “Il Pittore”, e abbiamo capito che avevamo il nostro spettacolo.

(Estratto di “Look, I Made a Hat”, di Stephen Sondheim, tradotto dall’americano al francese da Odile Demange e liberamente ritradotto in italiano e qui presentato dalla sottoscritta)

Via | chatelet-theatre.com

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ultimo aggiornamento: 22-04-2013