Seguire la moda eco-friendly o essere green con glamour vuol dire indossare vestiti ottenuti da tessuti ecologici realizzati con processi a basso impatto ambientale e, magari, colorati con estratti di piante tintorie.

In un periodo come quello attuale in cui si è particolarmente attenti alla cura e all’attenzione ambientale, è una scelta coraggiosa e coerente acquistare abiti ed accessori realizzati da artigiani nell’ottica della sostenibilità, nel rispetto dell’ambiente, della tradizione e dell’innovazione tecnologica. Ecco, a seguire, quali sono questi tessuti e come possono essere utilizzati.

Tessuti ecologici:

Materiali ecologici diffusi e apprezzati da tempo, sono: il cotone biologico, il lino, la lana ed il bambù. In commercio e sul palco delle sfilate più glamour sono visibili, oltre ai primi citati, altri tessuti ecologici provenienti dalle fibre naturali e dagli scarti animali più insoliti. Con risultati sorprendenti!

Fibre di banano:

Kimono, tovaglie e biancheria intima con fibre di banano.
Come per l’ananas, la palma e il formium, dalle foglie e dalla corteccia di banano è possibile ottenere tessuti resistenti e assorbenti. Gli scarti di banane sono bolliti in liscivia per produrre fibre al filato di diversa consistenza e morbidezza. Con le fibre esterne si produce un tessuto ruvido e resistente, paragonabile al cotone, molto utilizzato per le tovaglie. Le fibre più interne sono utilizzate per tessuti più leggeri e pregiati, quali il kimono e kamishimo. La seta e il cotone sono, a paragone, più costose e di maggiore impatto ambientale. Con la fibra di banana, mescolata con cotone e lycra, un noto brand australiano ha realizzato biancheria maschile. Infatti il tessuto è resistente, lucente, ha un buon assorbimento dell’umidità e ha peso leggero. Aziende americane e milanesi si sono specializzate, invece, in tessuti e tappeti realizzati con l’abaca, fibre di banano prodotta a mano nelle Filippine, creando prodotti molto chic con stampe di oro e argento. Gli scarti agricoli e le fibre di banano sono molto abbondanti nelle Filippine: in passato si realizzavano solo zerbini e cordame; attualmente sono utilizzati anche nell’arredamento e nell’ abbigliamento eco-friendly.

Il caffè:

Un giubbotto idrorepellente con interni imbottiti da scarti di fondi di caffè.
I fondi di caffè sono utilizzati fin dall’antichità per la tintura dei capi; non tutti sanno che possono essere reciclati per la creazione di capi eco-fashion. E’ stato brevettato un giubbotto idrorepellente i cui interni derivano da scarti di caffè! Questo materiale innovativo è in grado di catturare cattivi odori – ideale per sportivi -, per poi eliminarli con l’esposizione e il lavaggio e protegge contro i raggi nocivi UVA e UVB.

Fibre di ortica:

Tappeti, rivestimenti interni e capi di abbigliamento.
L’ortica è una pianta tanto pungente e infestante quanto virtuosa. Terapeutica e tintoria può essere una grande risorsa per la moda eco-friendly. Dalle fibre di ortica si fabbricano filati sottili, flessibili e morbidi. Traspiranti come il lino e brillanti come la seta; dopo i processi di estrazione naturali si procede alla trasformazione da fibra a filato. La differente lavorazione di torcitura (ovvero torcere il filo perchè diventa resistente e forte) determina diversi tipi di filato: se attorcigliata poco, la fibra diventa protettiva come la lana, in caso contrario assume le caratteristiche del cotone. La facile produzione locale, l’uso di tutte le sue parti –il fusto, le foglie, l’acqua in cui viene macerata – in diversi settori, sono i punti di forza dell’uso di questa pianta nella moda; l’apporto idrico per la crescita e la complessità del ciclo di produzione sono i punti di debolezza.

Pelle di salmone:

Vestiti con gli scarti alimentari.
Il salmone è a rischio di estinzione ed è sempre meno frequente nelle acque europee (quello selvaggio non di allevamento). Per questo motivo oltre che per il costo estremamente esoso, è una proposta da ben ponderare. Glamour come la pelle di coccodrillo, di pitone e di struzzo e disponibile in ampia gamma di sfumature, l’unica giustificazione per il suo utilizzo nel tessile, è la sua provenienza: come scarto dall’industria alimentare. La caratteristica è l’estrema leggerezza, resistenza ed è anche lavabile in lavatrice. Sono realizzate cinture, borse, scarpe e addirittura mobili; non solo con la pelle di salmone ma anche da quella proveniente dal persico, dal merluzzo e dalla tilapia.

Piume di pollo e gallina:

Cosa fare con le piume di pollo?
Alternativa valida a mescolare le piume di pollo e di gallina al cibo di bassa qualità o buttarle via, è quello di estrarre la cheratina dalle piume per crearne tessuti. Le fibre ottenute sono leggere e molto resistenti; inoltre sarebbe una soluzione ideale per ridurre notevolmente gli scarti alimentari. In commercio sono già disponibili jeans di cheratina e maglioni con piume di pollo.

Alghe:

Dall’alga al maglione.
Si tratta di una fibra cellulosica a cui si aggiunge l’alga marina come componente attivo. La fibra ottenuta è resistente, traspirante e ha una bassa percentuale di restringimento. Dunque minerali e altre sostanze attive presenti nelle alghe, inseriti nelle fibre, facilitano uno scambio attivo tra le stesse e la pelle (rimineralizzazione dell’epidermide) e conferendone tutte le proprietà antinfiammatorie e antipruriginose tipiche delle alghe marine. E’ utilizzata per maglieria intima e calzini, abbigliamento sportivo, asciugami, tappeti e imbottiture.

Soia:

Biancheria intima dalla Cina.
Inventata dal 1999 da Li Guanqi, un uomo d’affari di Shanghai, è largamente utilizzata in Cina soprattutto per la biancheria intima. La fibra di soia è un sottoprodotto della soia, derivante dagli scarti alimentari (bucce e baccelli); a seguito di varie lavorazioni (e successiva filatura e tessitura) la soia può essere utilizzata come tessuto resistente e morbido. La pianta è biodegradabile e diffusissima; la coltivazione richiede pochi pesticidi ed è utile in agricoltura per fissare azoto nel terreno (coltura a rotazione). I tessuti in fibra di soia sono talmente morbidi, brillanti e resistenti, da meritare l’appellativo di ‘cashmere vegetale’. Ha proprietà antibatteriche, permeabile all’aria, poco infiammabile, traspirante e in grado di bloccare i raggi Uv. Inoltre le fibre di soia possono combinarsi con altri materiali come la seta, il cotone, la lana e il lino. E’ necessario accertarsi della provenienza delle piante, poiché spesso è una una coltivazione che si espande a discapito delle foreste pluviali e/o con metodi ogm. Il processo di estrazione è chimicamente più complesso delle fibre tradizionali, ma le sostanze utilizzate possono essere reintrodotte nel processo più volte.

Piante tintorie:

Bacche di biancospino, corteccia di eucalipto, fiori di ginestra.
La natura offre una gamma vastissima di colori estratti dalle piante attraverso la bollitura in acqua. Utilizzate già nel Neolitico con tecnica non molto dissimile da quella odierna, determinano colorazioni che cambiano a seconda della piante utilizzate, dal periodo di raccolta e dal tipo di terreno. Le piante tintorie forniscono sostanze capaci di tingere i tessuti attraverso dei veri e propri ‘bagni’; si utilizzano bacche, radici e foglie.

Foto | Flickr

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ultimo aggiornamento: 16-01-2013