Una delle sculture più amate di sempre. La statua Amore e Psiche, opera emblematica del grande Canova esposta al Louvre, si ispira ad uno dei racconti più affascinanti e intensi di tutta la storia dell’umanità: la leggenda di Apuleio. Siamo lontanissimi nelle epoche del tempo, in un periodo di credenze magiche e di dei onnipotenti. In questo contesto si intrecciano le vicende di Psiche, mortale dalla bellezza paragonabile a quella di Venere, che sposa Amore, senza mai poterne vedere il viso. Una notte, assecondando il maligno complotto delle sorelle invidiose (donne..), scopre il volto del Dio Amore, e quest’ultimo la abbandona per sempre.

Psiche sarà allora messa a dura prova con una serie di sfide, dopo cui riuscirà ad accedere alla tanta anelata immortalità e potrà finalmente ricongiungersi all’adorato marito. Tutto questo lo conosciamo per l’appunto soprattutto per una delle opere magne di Antonio Canova, che ha immortalato nel tempo, con un erotismo sottile e estremamente raffinato, la tensione e la dolcezza dei due amanti. In questo caso però la mostra partirà da un’altra opera d’arte, l’Amore e Psiche di Giulio Romano affresco impeccabilmente conservato nella residenza gonzaghesca, e nello specifico nella Camera di Amore e Psiche del bellissimo Palazzo Te di Mantova, di cui potete leggere la storia (molto intrigante e interessante) sul sito ufficiale del museo di Mantova.

Ma anche Antonio Canova sarà presente con alcuni dei suoi più storici e incantevoli masterpiece. La mostra Amore e Psiche, la favola dell’anima infatti -curata da Elena Fontanella, organizzata dalla Fondazione DNArt e promossa dall’Assessorato alle Politiche Culturali e alla Promozione Turistica del Comune di Mantova- farà riaffiorare con potenza il mito di Amore e Psiche, partendo da una serie di reperti archeologici della Magna Grecia e dell’età imperiale romana del IV e V secolo a.C., provenienti dai Musei Capitolini di Roma, dal Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria e da altre importanti istituzioni pubbliche.

L’esposizione vedrà in scena poi una serie di statue e dipinti classici, capolavori firmati dal Tintoretto, dallo stesso Antonio Canova, Auguste Rodin, Salvador Dalì, Tamara de Lempicka e altri. Dal passato si arriverà fino ai giorni nostri con le installazioni di arte contemporanea di Fabrizio Plessi, allestita presso Sala dei Giganti e di Alfredo Pirri, che ha creato un’opera dal nome Passi sul pavimento della Camera di Amore e Psiche, dove un’ampia superficie specchiante in grado di riflettere il soffitto, ospiterà al centro la Venere italica di Antonio Canova.

Siamo felici della collaborazione con la Fondazione DNArt perché ci dà l’occasione di realizzare a Mantova una mostra unica. Con l’esposizione di Palazzo Te, infatti, il percorso di Amore e Psiche si arricchisce di un’opera straordinaria e inamovibile: l’affresco della Camera di Amore e Psiche, con i suoi ventidue passi affrescati da Giulio Romano, grande rivale di Raffaello.

Afferma Marco Tonelli, Assessore alle Politiche Culturali e alla Promozione Turistica del Comune di Mantova.

Amore e Psiche. La favola dell’anima si basa sull’interpretazione del mito in chiave neoplatonica che venne data nell’Umanesimo, per la quale l’errore di Psiche consiste nel ritenere il divino come una realtà tangibile e verificabile con i sensi, mentre è solo il cuore che può percepirne pienamente la presenza. La vita attuale nega spesso all’uomo gli spazi del sacro. Caoticamente travolti dall’esistenza, siamo impreparati ad affrontare le immense traversate interiori, fatte di vuoti e silenzi, che la vita ci mette davanti. Grazie all’aiuto di una delle favole più belle sull’amore, sulla morte e sulla vita, vogliamo accompagnare il visitatore in questi sentieri dell’anima, sfruttando le immagini artistiche che, nei millenni, si sono ispirate a questa storia.

Spiega invece la curatrice della mostra Elena Fontanella.

La mostra Amore e Psiche a Mantova si divide in due parti: la prima, situata al tempio di San Sebastiano, realizzato su progetto di Leon Battista Alberti, accoglie la sezione di esposizione dedicata interamente all’archeologia.

La seconda parte a Palazzo Te, segue le diverse fasi del racconto di Apuleio, dalla passione alla serenità raggiunta attraverso la speranza e si apre come abbiamo detto, idealmente dalla Camera di Amore e Psiche, capolavoro affrescato da Giulio Romano conservato proprio nella residenza gonzaghesca.

Il percorso espositivo si sviluppa dalle mosse dalla rivalità nel nome della bellezza. Psiche, nuova Afrodite terrestre, crea inconsapevolmente un sovvertimento dell’ordine cosmico che mette in grave rischio l’armonia stessa delle antiche regole del mondo degli dei. Dall’altro canto, Afrodite – dea della bellezza e dell’amore, che presiede alla fertilità del cosmo su cui agisce la potenza creatrice di Eros – è indignata per l’umana superbia di una mortale che vuole competere con il suo fascino. In questa prima area si confrontano opere di grande rilevanza, come la Venere dai Musei Capitolini, la Venere Italica (1807-1808) di Antonio Canova e Venere (1528) di Palma il Vecchio.

Si continua poi con il passaggio delle nozze ferali di Psiche. Una profezia che preannuncia Psiche unita in matrimonio con un mostro; e Eros che impone a Zefiro di rapirla per condurla nel suo palazzo dove, con l’aiuto della notte e del buio, potrà incontrare la sua amata. Psiche, felice nella sua nuova casa, subisce tuttavia l’invidia delle sorelle – simbolo della coscienza femminile, ovvero della voce interiore che determina l’evoluzione necessaria per attuare il superamento del semplice amore passionale – che le suggeriscono di uccidere l’amato. In conclusione una mostra che consigliamo vivamente, anche per visitare, se ancora non vi è capitata occasione, le incredibili e suggestive stanze delle nobili residenze della famiglia Gonzaga di Mantova, e se volete saperne di più, a seguito trovate una parte del catalogo informativo mentre per orari e giorni di apertura, potete consultare il sito ufficiale dedicato alla mostra.

Psiche, in quello che rappresenta il più antico modello di atto sacrificale, attende che Eros si sia assopito per sollevare su di lui la lucerna e vederne l’aspetto animalesco: una goccia di olio bollente colpisce però il suo corpo disteso, facendolo sobbalzare e fuggire. Mentre Psiche, con l’illuminazione, determina la conoscenza del proprio amore, Eros si trova a essere sopraffatto dall’amore totalizzante della donna, che impone non l’oscurità dell’inconscio ma la luminosità della coscienza e della consapevolezza, creando un percorso che inevitabilmente conduce anche al dolore e alla separazione.

Archetipo della relazione uomo-donna, questa scena viene rappresentata da opere quali Eros dormiente (un marmo della prima età imperiale, da originale ellenistico dei Musei Capitolini), Letto funerario da Amiternum, (bronzo e argento della fine I secolo a.C. – inizio I secolo d.C., dal Museo archeologico nazionale d’Abruzzo di Chieti), Psiche scopre Amore (XVII secolo) del Candlelight Master, proveniente dalla Galleria Borghese di Roma.

Privata dell’amante, Psiche cade nella più cupa disperazione e si consegna ad Afrodite, sperando di poterne placare l’ira. La dea decide di sottoporla a una serie di quattro prove, l’ultima delle quali prevede di scendere agli inferi per chiedere a Persefone l’elisir della giovinezza perenne. Sarà una torre, simbolo del sapere umano, ad aiutarla in questa impresa; sulla strada del ritorno tuttavia la curiosità vince nuovamente la fanciulla che, inalando il fluido, cade in un sonno profondo simile alla morte. Questa sezione ospita una delle splendide pinakes (quadretti votivi in terracotta della prima metà del V secolo a.C.) provenienti dagli scavi del Santuario di Persefono di Locri, raffigurante l’offerta della palla a Persefone.

Solo Eros, che non si era mai rassegnato a vivere senza Psiche, riuscirà a risvegliare l’amata con le sue frecce amorose, assicurando al racconto il lieto fine e il tenero abbraccio raffigurato in tanti famosi gruppi scultorei, come il gesso di Pietro Tenerani Psiche svenuta, del 1822.

Amore e Psiche stanti (1810 ca.), capolavoro in gesso di Antonio Canova, testimonia la compassione di Zeus che concederà ai due amanti di unirsi nell’immortalità.

Il mito porta così alla luce uno snodo epocale nello sviluppo della religiosità antica e della concezione dell’anima: la capacità di amare è una scintilla divina, e la trasformazione dell’anima attraverso l’amore è un mistero che avvicina a dio.

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ultimo aggiornamento: 03-07-2013