Una delle poche nozioni che probabilmente tutti impariamo già dai primi anni di liceo, a parte date e fatti al millesimo che possono sfuggire a chiunque, è che dalla storia l’uomo deve imparare, raccogliere gli errori e fare un passo avanti verso lo sviluppo intellettivo per una società civile ed etica. Poi solo dai primi anni dell’università la realtà ti molla ceffoni con schiocco, e ti rendi conto che l’uomo fa e rifà gli stessi errori all’infinito.

C’è una mostra in corso a Palazzo Reale che capita a pennello, per svariati e ovvi motivi. Si chiama The Desire for Freedom…Arte in Europa dal 1945, già presentata a Berlino al Deutsches Historisches Museum, a cura di Monika Flacke, e sostenuta (guarda il caso) dal Consiglio d’Europa. In questo contesto si indaga la storia attraverso gli occhi dell’arte, arte che è sempre stata, più o meno vicina, più o meno rivoluzionaria, ma sempre presente e interessata alle vicende clou del secolo scorso.

L’esposizione raccoglie così 200 opere e 94 artisti di 27 stati membri del Consiglio d’Europa. Un progetto che vede la luce come una riflessione dell’arte nel periodo della Guerra Fredda, ma poi come spesso accade quando c’è in gioco la creatività, ha preso vita propria e si è sviluppato in un intenso e affascinante cammino. Un percorso, fortunatamente non tediosamente cronologico, ma diviso in 12 sezioni, che esplora la voglia di libertà e il senso di democrazia tanto desiderati negli anni della guerra fredda, che poi si sono tradotti nell’esatto contrario (succede spesso qui sul pianeta Terra) ovvero nel muro di Berlino.

La mostra parte quindi dal dopoguerra e si chiude con il caos e la fragilità dell’umanità. I curatori non hanno però il classico obiettivo pedagogico, spesso pessimista. Al contrario questa esposizione artistica (che merita assolutamente una visita) vuole semplicemente essere uno spunto di riflessione per aprire vie di pensiero.

Chi c’è in mostra a Palazzo Reale di Milano? Dai diciotto barili di petrolio di Cristho al collage di Wolf Vostell fino alla scritta Je vous salue Marat, di Ian Hamilton Finlay, o alla scritta sulla lavagna di Jannis Kounellis, Libertà o morte. W. Marat W Robespierre. Dal saluto nazista di Anselm Kiefier, all’era dell’illuminismo -Adam Smith- (2008) di Yinka Shonibare. E poi ancora: Nam June Paik, Marina Abramovic, Christian Boltanski, Gerard Richter, Rosemarie Trockel, Antoni Tapies, Maurizio Cattelan, Andrea Gursky, Richard Long, Piero Manzoni, Paola Pivi, Mario Merz, Michelagelo Pistoletto, Alighiero Boetti, Yves Klein, Damien Hirst, Lucio Fontana, Valie Export, Joseph Beuys, Ilya Kabakov, Francis Bacon, Enrico Baj, solo alcuni.

Via | Tgcom

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ultimo aggiornamento: 29-03-2013