Nella vicenda piuttosto intricata del sequestro di Emanuela Orlandi, avvenuto il 22 giugno di 30 anni fa esatti, spunta anche una donna, che avrebbe giocato un ruolo importante, anche se non cruciale, all’interno dell’organizzazione di controspionaggio che organizzò il rapimento della 15enne.

Questa figura femminile sappiamo anche chi sia: la allora giovanissima moglie (ora ex) del supertestimone Marco Fassoni Accetti, colui a cui dobbiamo la svolta nelle indagini del sequestro, che fino a qualche mese fa sembravano arenate in un punto morto.

Il fotografo e regista, reo confesso e al momento unico indagato dalla procura di Roma, in una intervista alla trasmissione Chi l’ha visto, che non ha mai smesso di occuparsi della vicenda Orlandi, ha raccontato che la mano che vergò le lettere inviate dagli Stati Uniti, per la precisione da Boston, alla Rai e all’inviato a Roma della Cbs, apparteneva ad una donna, e che questa donna era sua moglie. Infatti, nel corso degli interrogatori-fiume in procura, Fassoni Accetti aveva già parlato di una “ragazza militante nel nucleo di controspionaggio” che avrebbe progettato il rapimento di Emanuela (figlia, come ricorderete, di un funzionario vaticano), una ragazza che poi, nel periodo tra l’agosto e il novembre del 1983, si era trasferita negli USA proprio per un preciso disegno dell’organizzazione.

Successivamente, il supertestimone ha ammesso che la ragazza delle lettere e sua moglie erano la stessa persona. Insomma, davvero un piano intricato che non smette di aprire finestre su scenari inediti. Perché mai era necessario spostare una parte dell’azione criminale in America? Nelle missive, 4 in tutto, si parlava di uno scambio tra la ragazza romana e Alì Agca, il “lupo grigio” che sparò a Giovanni Paolo II per ucciderlo (senza riuscirci) il 13 maggio del 1981. Quali saranno le prossime rivelazioni del super testimone?

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ultimo aggiornamento: 30-05-2013