Slut-shaming, ma cosa vorrà mai dire questa parolina composta dal sapore anglofono e dall’aria così esotica? Nulla di buono, soprattutto perché da qualche tempo a questa parte, quello che possiamo tradurre letteralmente come “la vergogna della donnaccia”, più che un concetto sessuale è diventata una vera e propria arma di guerra.

La battaglia in questione vede contrapporsi le femministe radicali moderne alle cosiddette postfemministe, le quali predicano una maggiore libertà dei costumi per avere anche in campo sessuale una certa parità di genere.

Parte delle radicali (fortunatamente non è un dictat condiviso, quindi sappiate che da questo momento in poi quando parleremo delle radicali, si tratterà di “queste” radicali) rivendicano invece una certa “purezza” morale e senza troppi giri di parole affibbiano alle altre il bollino delle dissolute, mettendo anche in rete immagini non proprio edificanti e anzi sessualmente esplicite ai danni delle prime.

Posto che un po’ questa attitudine a bollare online ci sembra una modernizzazione del classico marchio a fuoco settecento-ottocentesco del giglio di Francia sulla spalla dei criminali, va detto che questa esplosione di puritanesimo delle femministe della prima ora è una vera deviazione storica dall’originale corrente radicale.

Femmnismo

Diamo un po’ di date e dati spiccioli. Di femminismo radicale si inizia a parlare verso la fine degli anni 60 inizio 70 con il movimento delle Redstockings (letteralmente “calzette rosse”) capitanato dalla tostissima Kate Millett (su in foto), autrice del testo “Sexual Politics”.

Le idee della Millett e del suo squadrone di virago ruotavano attorno alla rivoluzione in rosa delle abitudini e dei preconcetti sessuali esistenti fino a quel momento. Per la serie, se il maschio alfa domina il mondo e si arroga il diritto di sottomettere la donna al suo volere, ribaltiamo la situazione e appianiamo le differenze.

Femmnismo

Questa corrente, più moderna che mai, guardava con interesse ad una maggiore libertà sessuale della donna, penalizzata fino ad allora dalla società patriarcale che la vedeva esclusivamente come angelo del focolare, fattrice e diletto dell’uomo di casa. Tout court.

Ora, posto che il femminismo radicale puro era avanti anni luce nel 1970 e che probabilmente avrebbe ancora qualche tratto rivoluzionario ancora oggi, proprio non si capisce in un quarantennio come la dottrina possa essere deviata così tanto dall’originale, arrivando a diventare bigotta.

Femmnismo

Le moderne femministe radical chic puntano infatti i piedi sui valori morali, non accettando il pensiero delle postfemmniste che ambiscono a fare del proprio corpo ciò che vogliono, dal concedersi di indossare un abito succinto a godere delle gioie del sesso in ogni sua sfaccettatura.

Una cosa che però va detta e ci sentiamo anche di sottolinearla in rosso e blu, è che il postfemmnismo, anche detto femminismo liberale, è spesso e volentieri un femminismo ignorante. Nel senso che proprio ignora alcuni aspetti fondamentali di questioni che invece dovrebbe conoscere a menadito.

Femmnismo

Quando qualche anno fa si parlava della pillola RU 486, stuoli di femministe gioirono per la grande conquista. E qualcuna di queste mise in rete e su locandine spot a favore che citavano slogan del tipo “io voglio avere il diritto di godere”.

Peccato che la RU 486, lungi dall’essere un contraccettivo orale, per cui il fumettino poteva anche avere un senso logico, fosse (e sia) una pillola abortiva, quindi un dispositivo medico a tutti gli effetti, che provoca appunto un aborto nella donna gravida che la assume nei tempi e modi prescritti.

Femmnismo

Capiamo bene quanto scivoloni di questo genere offrano non solo il fianco allo Slut-shaming della gente dal pregiudizio veloce, ma anche una sonora caduta di braccia a chi non segue correnti ideologiche ma ha un minimo di consapevolezza di quello di cui si sta parlando.

Chi vi scrive ha un’opinione ben precisa sulla situazione e, come avete potuto leggere, non risparmia stoccate a destra e a manca. Certamente qualcuna in più in direzione delle false radicali, che arrivano addirittura a discriminare il genere femminile che non la pensa come loro. Allora tanto vale smettere tali panni e dichiararsi catto-femministe dal grilletto facile.

Femmnismo

Che poi, all’alba di questo nuovo millennio, certamente ancora indietro anni luce rispetto alle grandi conquiste attese dalle rivoluzionarie sessantottine, vale ancora la pena parlare di femminismo? Ma poi quale femmnismo? Quello delle Femen a seno nudo, quello rivoluzionario della Millett o questo strano Radical Feminism che punta il dito contro le donne stesse?

Auguriamoci che presto le ideologie diventino così vetuste da poter essere messe da parte, sostituite dal rispetto per la persona di qualsiasi genere e qualsiasi orientamento sessuale. Allora si che tutte le lotte per alzare la voce sui diritti delle donne, degli uomini, dei bambini, dei malati, degli anziani avranno un senso.

La chiave per un futuro più giusto è la reale possibilità di autodeterminazione personale senza il rischio di vedersi affibbiare il bollino di “diverso”. Tutto il resto, parole belle, parole brutte, correnti ideologiche che vanno in altre direzioni, ci sembrano davvero solo perdite di tempo.

Senza mezzi termini.

Riproduzione riservata © 2024 - PB

ultimo aggiornamento: 23-10-2014