Vedendosi nel viso della Nostra Donna una divinità e ne l’ attitudine una modestia che non è possibile migliorarla

Il dolce volto della “Nostra Donna” di cui parla Vasari è quello della Madonna del Divino Amore di Raffaello dipinta tra il 1516 e il 1518. L’opera del maestro urbinate è protagonista di una mostra che si apre dal 17 marzo fino al 28 giugno presso la Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli di Torino e in collaborazione con il Museo Capodimonte di Napoli, dove è conservata.

Avvicinarsi ad uno dei capolavori religiosi di Raffaello sarà possibile grazie all’impegno che il Museo Capodimonte ha dimostrato per la valorizzazione dei nostri Beni Culturali. Nel caso di questo olio su tavola della collezione Farnese, il museo si è occupato del restauro che ne ha rivelato i segreti sotto la superficie dei colori.

Per scoprire tutte le fasi della preparazione di quest’opera, che Raffaello realizza con interventi dei suoi allievi e seguaci, la Pinacoteca Agnelli espone i risultati degli studi diagnostici che svelano i pentimenti dell’artista e le varianti dell’opera; completano il percorso gli studi preparatori dall’Albertina di Vienna e dal museo delle Belle Arti di Lille, che ci fanno capire la genesi dell’opera.

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Perchè l’opera affascina così tanto è facile capirlo: c’è nel dipinto un’umanizzazione del divino, molto più che nella Madonna del Belvedere del 1506, dove la struttura leonardesca piramidale e la compostezza della Madonna innalzano la maternità ad un valore astratto, anche se universale.

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La Madonna e Sant’Anna (per alcuni Sant’Elisabetta) in primo piano, attente ai giochi di Gesù e San Giovanni sono un’istantanea di vita quotidiana in cui riconoscersi. San Giuseppe sullo sfondo, che passeggia nel portico di un’architettura classica, è la presenza più reale che possa esserci. Il dipinto, realizzato durante il soggiorno di Raffaello a Roma, ricco di rimandi cristologici e simbolici fu acquistata nel 1564 da Alessandro Farnese il Giovane, arrivò a Napoli e poi a Madrid. L’opera conserva il suo fascino, come l’arte di Raffaello, che pur allontanandosi dalla classica compostezza dipinge la grazia.

Foto| pinacoteca-agnelli

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ultimo aggiornamento: 18-03-2015