La ragazza con l’orecchino di perla. Il mito della Golden Age. Da Vermeer a Rembrandt. Capolavori dal Mauritshuis è la mostra, curata da Marco Goldin che si è inaugurata l’8 Febbraio a Palazzo Fava di Bologna. Boom di prenotazioni: 100 mila i visitatori in “religiosa” fila all’ingresso per l’esposizione aperta fino al 25 Maggio. Il merito di un tale successo va al celebre dipinto di Veermer “La Ragazza con il Turbante Blu”, ribattezzata La Ragazza con l’orecchino di Perla dopo il romanzo di Tracy Chevalier. E’ così che l’epoca contemporanea dimentica l'”esotismo” olandese del turbante per lasciare il posto alla civetteria femminile di un’ umile ragazza con indosso una (fin troppo) vistosa perla.

L’opera è arrivata dalla collezione Mauritshuis dell’Aia dove è conservata dal 1902 quando il proprietario Arnoldus des Tombe (che lo acquistò nel 1881 a due fiorini e trenta centesimi) morì.
I visitatori rimarranno sorpresi delle piccole dimensioni del dipinto ad olio di 44,5 × 39 cm, realizzato da Vermeer nel 1665 come arredo di una casa nobiliare. La tipica usanza olandese di concentrare tutto in una tela di piccole dimensioni non scoraggia gli appassionati. La fama infatti è cresciuta sempre di più, fin dal 1996, anno della retrospettiva allestita al Mauritshuis e alla National Gallery of Art di Washington, fino a vedere in quello sguardo inconsapevole quello di una dolce Marilyn Monroe.

Il ritratto della donna ancora di incerta identità, nonostante la letteratura la descriva come la serva amata dall’artista, è uno dei tanti ritratti del pittore, speciale per virtuosismo tecnico. Lo sperimentalismo di Vermeer non solo riguarda il preziosismo dei colori e la lucentezza della perla, ma anche la posa della ragazza ritratta di 3/4 nell’attimo improvviso in cui si gira verso l’artista e sembra guardarlo con un’intensità non indifferente. Il turbante e la perla, oggetti esotici di chiara derivazione orientale, diventano gli unici elementi di risalto di un simbolo ormai universale e per-turbante. D’ora in avanti la Gioconda non sarà più sola: tutti sono stati sedotti dall’aurea languida della giovane modella.L’arrivo in Italia di questa “nuova diva” dell’arte, che ha innescato una vera Vermeer-mania, ha offuscato il piacere di conoscere le altre opere presenti a Palazzo Fava, generando nel settore molte polemiche a riguardo.

I critici si scagliano contro il “divismo” che circonda un quadro in fondo “normale”, capace di oscurare la bellezza e importante delle altre opere di Palazzo Fava, come Diana e le sue ninfe dello stesso Vermeer, dipinta nel 1653-54 e quelle di artisti olandesi del periodo d’oro come Rembrandt, Frans Hals, Ter Borch, Claesz, Van Goyen, Van Honthorst, Hobbema e molti altri. Perplessità di Sgarbi e Philippe Daverio, professore e critico d’arte per le ingenti spese che il museo dovrà affrontare.

Per di più, in una città come Bologna, dove uno dei musei più importanti d’Italia vive situazioni drammatiche di sopravvivenza, perché buttare soldi in operazioni come questa, e non su un lavoro serio sui beni culturali? Ancora un po’ e le sovrintendenze saranno costrette a spegner le luci. Per non parlare dell’Emilia, che esce da un terremoto: una parte delle opere d’arte delle sue chiese sono ancora messe in rifugio, sono ancora in deposito. Questa è solo una roba inutile.

Le “operazioni come questa” che denuncia il critico è la manovra di marketing attuata dal curatore, per attirare le persone. Ma Marco Goldin così si difende e esplicita le sue motivazioni:

Veniamo spesso accusati di adoperare le mostre come uno strumento di marketing. Ma il punto è che noi siamo una società con un rischio d’impresa elevatissimo. Quindi abbiamo due obiettivi: il mio personale, come curatore, è quello di concepire progetti scientifici ineccepibili. Poi c’è l’altro obiettivo: se non ho grandi quadri, non posso farlo. Usare le strategie del marketing per riportare il maggior numero di persone possibile nelle mostre è un metodo imposto per recuperare un investimento lontano anni luce da qualsiasi altro da parte di società private. Per noi avere un numero importante di visitatori è una necessità, anche perché chi si rivolge a noi è questo che si aspetta, dati i nostri risultati negli ultimi quindici anni.

Al di là di ogni polemica rimane il fatto che tutta l’Italia (nessuna regione esclusa) è disposta a file interminabili per trovarsi anche solo per due minuti di fronte ad uno dei celebri dipinti del passato. Se per molti sarà solo la fine di un’attesa, per molti sarà il punto di partenza verso altri capolavori e ritratti, perchè dietro ogni sguardo dipinto, la storia è stata già scritta; serve solo lo spettatore che la possa raccontare splendidamente come si fa con un romanzo.

Foto| Getty Images


La Ragazza con l’Orecchino di Perla, Vermeer a Bologna

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ultimo aggiornamento: 10-02-2014