Dall’8 Ottobre 2013 al 19 Gennaio 2014 la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma presenterà al pubblico quattordici opere donate nel 1997 dallo storico dell’arte e collezionista Arturo Schwarz al museo romano, per un percorso che da Bicycle Wheel (Ruota di bicicletta, su un telaio) ha dato vita al concetto del ready-made duchampiano. Incompreso, temuto e amato, il ready-made (termine inventato dallo stesso Duchamp) è stato accolto nel panorama artistico del 1915, come una ventata rivoluzionaria, che non escludeva il “caso” nella formazione dell’opera d’arte (come in Trois stoppages étalon, 1913), e che poneva nuove domande sull’Arte e sul suo vero significato. L’intenzione dell’artista di “fare arte” per comunicare un concetto, ha avuto proseliti in tutta l’arte contemporanea successiva e vedeva l’artista come sperimentatore di una nuova forma d’espressione. Eppure dal suo primo autoritratto, “Giovane triste in treno” del 1911, all’ultimissimo lavoro “Camino anaglifico” del 1968 la strada è lunga: la pittura tradizionale con la quale aveva iniziato, è sostituita da un’arte impersonale. Duchamp infatti dopo il 1913 parla ripetutamente della bellezza dell’indifferenza e afferma di non credere in niente.

La pittura non dovrebbe essere solamente retinica o visiva; dovrebbe aver a che fare con la materia grigia della nostra comprensione invece di essere puramente visiva .Io ero talmente conscio dell’aspetto retinico della pittura che, personalmente, volevo trovare un altro filone da esplorare.

Da pittura-pittura a pittura-idea, Duchamp ha preferito l’idea alla forma, l’ironia alla sacralizzazione dell’arte. Questo humour criptato, alla base dell’attività di Duchamp è rappresentato dai giochi di parole applicati ai Ready-mades e rappresentano lo stesso processo psicologico per la comprensione dell’opera: attraverso il gioco di parole, infatti, fa risaltare la bellezza della parola facendola uscire dal significato comune; così anche l’oggetto comune assume un significato nuovo, spostando il significato originario ad un altro. Quanto scalpore ha fatto infatti un normale paio di baffi sulla Gioconda, la più famosa opera d’arte del mondo? O lo Scolabottiglie del 1914 che deve essere visto pendere dal soffitto?

L esposizione metterà in evidenza anche i rapporti di Duchamp con l’Italia dove a Roma e Milano entrò in contatto con diversi artisti italiani nel 1964 come Baj, Dangelo, Patella e Barucchello. Sarà interessante esplorare a Roma la personalità di un genio dell’arte e a tratti poterne scoprire, quelli che molti come Donal Kuspit (1996) definiscono un “bluff”: “Duchamp, uno psicotico che si dà al ready made in quanto incapace di creare arte: un impostore nella cui impostura sono cascati tutti”.

Foto| AbcGallery e Theartnewspaper

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ultimo aggiornamento: 18-08-2013