Il racconto della dottoressa Anna Caterina Milanetto sulla sua esperienza per le cure di Gianluca Vialli, compianto ex giocatore scomparso a 58 anni.

Una settimana o poco più dal quel brutto giorno (il 6 gennaio), in cui Gianluca Vialli, storico ex calciatore, ci ha lasciato. A Il Messaggero, la dottoressa Anna Caterina Milanetto, 38 anni, originaria di Campagnola di Brugine, medico chirurgo e ricercatrice alla Chirurgia generale del Policlinico diretta dal professor Claudio Pasquali, chirurgo pancreatico, ha parlato della sua esperienza con il compianto 58enne.

Gianluca Vialli: parla la dottoressa Milanetto

Gianluca Vialli
Gianluca Vialli

L’intervista alla dottoressa Milanetto inizia con la spiegazione sull’incontro con Vialli: “Mi trovavo a Milano, nel novembre 2017, perché ero assegnataria di una borsa di studio di alta specializzazione, in gergo tecnico una fellowship all’Istituto Humanitas di Milano, per la parte del pancreas, nel reparto diretto dal professor Alessandro Zerbi. Ero una delle componenti dell’equipe che operò Gianluca Vialli, ma di quel piccolo gruppo nessuno, se non il primario e il suo aiuto, sapeva che si stava prendendo cura di un paziente illustre”.

“La mia sorpresa fu grande quando il professor Zerbi ci avvisò, il giorno dopo l’intervento, che saremmo andati in visita al giocatore, che era il paziente che avevamo visto in sala operatoria”.

“Come mai rimasi sorpresa? Perché Vialli era una persona controllata, un atleta di prim’ordine, sicuramente con uno stile di vita sano, eppure la malattia lo aveva colpito lo stesso, però l’individuazione del tumore ad uno stadio iniziale aveva permesso l’operazione che ebbe anche un esito favorevole. Nel caso del pancreas sono solo il 20% i pazienti operabili”.

Il ricordo

Nelle parole della dottoressa, un ricordo in particolare: “Lo sguardo profondo e al tempo stesso preoccupato di Vialli che cercava dal professor Zerbi che era accanto al suo letto qualche segnale di rassicurazione, quegli occhi denotavano al tempo stesso timore e speranza”.

“Se c’era qualcuno con lui? Sì la moglie, una donna molto bella, educata, discreta con il personale dell’ospedale milanese, che non lo lasciava un attimo e che è stata fondamentale per il suo recupero”.

“Se Vialli rimase tanto tempo all’Humanitas? Diversi giorni sicuramente, qualcuno prima e alcuni dopo l’operazione. Però solo quello necessario a recuperare le forze dopo l’intervento. Intervento che era stato impegnativo e che si risolse positivamente con l’asportazione completa e totale del tumore al pancreas. Poi giustamente tornò in Inghilterra, dove lo attendeva il resto della famiglia, che è fondamentale nell’affiancare un malato oncologico per le cure successive, chemio o radioterapia”.

Successivamente a quel momento, il medico ammette di non aver avuto più alcun contatto diretto con Vialli: “No nessun contatto diretto. Però sono rimasta colpita dall’atteggiamento positivo con cui ha vissuto il tempo successivo. Ha saputo dare il giusto valore alle cose che contavano nella sua vita. Nella consapevolezza che la sua non sarebbe stata comunque una esistenza longeva, ma è riuscito ad avere una vita normale e piena di impegni, quelli che davvero contano, fino a pochi mesi fa”.

Non manca anche un parere esperto sul modo in cui Vialli ha affrontato la malattia: “Lo trovo un valido modello per affrontare la malattia. Oltre all’attività di reparto, svolgo anche quella ambulatoriale, dove vedo ogni giorno, persone che sono affette da tumore al pancreas. Ma anche soggetti che hanno una familiarità con questa malattia, che come detto è operabile solo per il 20% dei casi, anche se la scienza sta facendo progressi”.

Altri dettagli e il coraggio

E ancora: “Proprio a Padova con l’Associazione Italiana per lo Studio del Pancreas abbiamo creato un registro che comprende persone che possono essere maggiormente soggette alla malattia. Le monitoriamo periodicamente. L’individuazione precoce del male è fondamentale per la cura. Veneto e Lombardia e il Nord in generale hanno una frequenza maggiore delle altre regioni italiane”.

Infine anche un dettaglio sulla malattia del compiatno uomo: “Vialli se ne accorse perché ebbe un attacco itterico. Il suo coraggio e la sua vicenda sono sicuramente uno stimolo per molti pazienti, che mi dicono: se si è ammalato lui che era un grande campione ed è riuscito a sconfiggere il tumore al pancreas, perché non posso farcela anche io? E davvero penso sia da indicare a modello per tante persone che combattono contro la malattia il suo approccio responsabile”.

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ultimo aggiornamento: 13-01-2023