La Ferrari 860 Monza del 1956 viene allestita da Scaglietti, che plasma la materia con la magica poesia delle più nobili opere d’arte. E’ una sportiva muscolosa, ma esibisce con gusto la sua smisurata grinta. Oggi è un oggetto di alto collezionismo.

L’auto sfoggia frizzante aggressività da tutti i pori, con uno stile denso di viva seduzione. Il muso, lungo e penetrante, sembra disegnato per scalfire l’aria. La coda, sinuosa e possente, è sormontata da una vela, che si raccorda morbidamente al poggiatesta. Gli archi posteriori dei passaruota avvolgono i larghi pneumatici, celandone marginalmente la parte superiore.

Ai fianchi spicca un grande estrattore d’aria, che evacua i bollenti spiriti effusi dal portentoso cuore. L’obiettivo dello staff tecnico è quello di ridare smalto al “cavallino rampante”, per spazzare i ricordi della travolgente marcia delle Mercedes Slr, dominatrici della categoria Sport nel 1955. Ma la nuova creatura di Maranello non potrà misurarsi coi prodotti ufficiali della stella di Stoccarda, usciti di scena perché appagati dalla lunga scia di successi.

Spinta da un quattro cilindri in linea, disposto anteriormente, con cilindrata di 3.4 litri, sviluppa delle ottime prestazioni. Gli oltre 280 cavalli sono più che sufficienti ad imprimere il giusto ritmo agli 860 kg del corpo vettura. All’affinamento del propulsore concorrono gli specialisti Bellantani, Massimino e Fraschetti che, con le loro alchimie tecniche, ottengono regimi di rotazione degni di unità ben più frazionate.

La potenza specifica risulta soddisfacente e la coppia motrice garantisce una buona vigoria, già a partire dai regimi più bassi. Questo regala una buona guidabilità, che migliora la dinamica complessiva del mezzo. Il telaio a longheroni e traverse tubolari assicura l’attesa consistenza. Tale piattaforma supporta la leggera carrozzeria in alluminio, che concorre al contenimento del peso.

Il riuscito abbinamento fra la sana meccanica e la filante silhouette consente una discreta scorrevolezza. La 860 Monza raggiunge i 260 km/h di velocità di punta. A frenare la foga del bolide “rosso” provvedono, con grande patimento, dei modesti tamburi a comando idraulico. La risoluta Sport contribuisce alla conquista del Mondiale Marche del 1956 (il quarto per la Ferrari). Si affianca alla più grossa 12 cilindri, consegnata alla storia col nome di 290 MM.

E’ una vettura azzeccata ma, a differenza dei “cavallini” più prestigiosi, non saprà conquistare i vertici della gloria. Vince il Giro di Sicilia, con Collins-Klemantaski, e la 12 Ore di Sebring, con Fangio e Castellotti (seguiti da Musso e Schell su vettura gemella). Significativi il secondo e terzo posto di Collins e Musso alla Mille Miglia, disputata fra pioggia, vento e grandine, in uno scenario apocalittico di grande suggestione. La maratona italiana viene vinta dalla sorella maggiore condotta da Eugenio Castellotti. Il secondo posto conseguito da questo, in coppia con Fangio, alla 1000 Km del Nürburgring e alcuni successi in gare minori completano la fulgida annata. Per acquistarne un esemplare bisogna prepararsi a spendere delle cifre molto importanti.

Foto | Autowp.ru

Riproduzione riservata © 2024 - PB

ultimo aggiornamento: 22-12-2013