Amore
Discriminazione sul lavoro per le donne single, dalle molestie ai turni impossibili
Penalizzate su più fronti, le lavoratrici single devono combattere contro approcci sessuali indesiderati e una mole di lavoro superiore alle colleghe “con famiglia”, soprattutto nei fine settimana. Chi tutela le “zitelle”?
Quando si parla di un tema scottante come la discriminazione di genere sul lavoro, si tende istintivamente a pensare che a farne le spese siano soprattutto le mamme. La gravidanza è stata spesso una “ingiusta” causa di licenziamento mascherata con altri pretesti, e sono tante le donne che sono state costrette a rinunciare al progetto della maternità per mantenere il proprio posto di lavoro.
Di fronte a simili ingiustizie la legge ci tutela, possiamo intentare causa ai nostri datori di lavoro o pretendere che rispettino i nostri diritti di madri lavoratrici. Ma chi, invece, tutela le single?
Ebbene sì, se esiste una categoria di donne che in ambito professionale subiscono una sequela di discriminazioni più o meno palesi, contro le quali non esistono, o quasi, strumenti di contrasto, queste sono le lavoratrici “sole”. Quelle che, più o meno giovani che siano, sono sprovviste di famiglia, che non hanno un compagno fisso (leggi: non sono sposate), e che non hanno figli.
Chi rientri in questa, peraltro ben numerosa, categoria, sa bene a cosa ci riferiamo. La single, per “costituzione”, per scelta, per caso, diventa una sorta di figura professionale tappabuchi e tuttofare, che in virtù del tanto (si suppone) tempo libero a disposizione, può e quindi deve supplire a tutte le mansioni delegate dalle altre – con prole o marito – senza fiatare.
E così, capita che alla single siano affibbiati i turni di lavoro più mortificanti, ad esempio quelli notturni, del fine settimana o i festivi, che debba rendersi disponibile quando le altre, per vari contrattempi (malattie o problemi scolastici dei figli, disturbi di salute del marito e via discorrendo) si debbano assentare all’improvviso. E che dire dei periodi di ferie?
Le ammogliate e le lavoratrici con prole dovranno pur garantire alla coppia, e ai bimbi, un po’ di mare o di relax in montagna nei mesi “giusti”, o no? E allora, care single, a voi non restano che i periodi dell’anno meno propizi, tanto per voi è uguale… giusto? Avendo tutto il tempo a vostra disposizione, potete rendervi disponibili per il lavoro in ogni momento, e il capo approfitterà della vostra costante reperibilità chiamandovi senza scrupolo nei momenti meno opportuni.
Ma una donna sola, una single, “incallita” o meno, in carriera, soprattutto se piacente, è altresì esposta ad altro tipo di discriminazione, che si chiama molestia. Può essere velata, fatta a mo’ di scherzo, che risulta sempre un po’ troppo “pesantuccio” quando protratto a lungo, quando ogni ingressi al lavoro sia accompagnato da battute sessiste e ammiccamenti che in genere ad una donna sposata, ancor più se mamma, non si riservano.
Oggetto di attenzioni “pelose” e in genere tollerate con fatica da parte di colleghi e superiori, e talvolta di battutine non proprio simpatiche, quando non velenose e acide, da parte delle colleghe con famiglia (il sarcasmo, sovente, si spreca), le single al lavoro devono spesso costruirsi una vera e propria corazza che le protegga dal corrosivo ambiente lavorativo, e in questo difficilmente trovano una sponda amica.
Se, dunque, per una donna che lavori può diventare una “colpa” la propensione alla maternità (specie se reiterata), ancora di più lo è quella alla “singletundine”? Non c’è dunque mai pace per la popolazione femminile che lavora e produce, qualunque sia la propria scelta di vita? Raccontateci le vostre esperienze in merito, fateci sapere se, dal punto di vista lavorativo, è meglio essere “zitelle“, oppure accoppiate e riproduttive.
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Fonte di ispirazione | D.Repubblica
Foto| via Pinterest