11 dicembre 2014

La storia di Meriam è ancora viva nella memoria e nel cuore di tutte le donne. La ragazza sudanese costretta a partorire legata in prigione perché si è rifiutata di convertirsi all’Islam e soprattutto di rinunciare alla sua fede cristiana. Oggi Meriam si trova nel New Hampshire, lontano dal Sudan, ma non può dimenticare quanto è accaduto e soprattutto pensa ad Asia Bibi, che come lei è condannata a morte. Ha festeggiato con la sua famiglia il suo 27esimo compleanno e ha accettato di chiacchierare con il quotidiano italiano Avvenire.

Adesso sto meglio, mi sto abituando alla vita negli Stati Uniti. E al freddo. Ma anche se non ho più nessun familiare in Sudan, mi manca comunque moltissimo il mio Paese. Non so se potrò mai tornarci perché per il governo sudanese resto sempre un’apostata e perché ho ricevuto molte minacce da parte di gruppi estremisti. È triste, ma più di tutto voglio che i miei figli crescano in un posto dove nessuno possa dire loro in che cosa devono credere.

È proprio questo ora il punto della questione: difendere i suoi bambini, farli crescere serenamente e soprattutto fare in modo che Maya e Martin abbiano la liberta di scegliere come vivere la loro vita.

La libertà che io ho rischiato la vita per ottenere. Sì, e vedo con orrore quanti cristiani sono perseguitati o uccisi nel mondo, soprattutto donne. Sono molto preoccupata in particolare per Asia Bibi. La comunità internazionale deve mobilitarsi per lei come ha fatto per me. Troppe donne nel mondo rischiano ancora di morire a causa della loro fede o di leggi ingiuste che le rendono vulnerabili, più degli uomini. Troppe Meriam non sono abbastanza fortunate come lo sono stata io.

Via | Avvenire

(v.r)

Asia Bibi sta male e ha perso la speranza dopo la condanna a morte

04 dicembre 2014

Asia Bibi, la donna pachistana condannata a morte nel suo paese per presunte bestemmie, sta male. A parlare è l’avvocato Mishtaq Gill, che ha accettato di difendere la donna nonostante abbia più volte ricevuto minacce di morte e la sua vita sia stata in pericolo. L’avvocato di Asia Bibi, un uomo di 33 anni, padre di tre figli e fondatore di una ong Punjab, è nel mirino degli estremisti, proprio per la sua scelta di difendere le persone accusate di blasfemia in Pakistan.

Persone come Asia Bibi, la donna pachistatana cattolica, madre di 5 figli, condannata nel 2010 all’impiccagione. Il suo avvocato, nonostante le minacce ricevute, non vuole spegnere i riflettori sulla sua storia, perché sa quanto il supporto internazionale è importante, per cercare di salvare la vita di questa mamma e quella di tantissime altre persone in Pakistan, tentando di abolire quella legge, utilizzata per perseguitare le minoranze nel paese.

Asia Bibi sta male: dopo 5 anni di isolamento in carcere e di processi inutili, ha perso la speranza e come sottolineato dal suo avvocato, in Italia per un intervento all’Università Cattolica di Piacenza, sta anche molto male. Ma lui, uno dei pochi a lottare in Pakistan contro una legge assurda, è ottimista:

Ci sono buone possibilità che la Corte Suprema annulli la sentenza, i suoi giudici sono meno soggetti alle pressioni dei gruppi radicali locali. E noi vogliamo credere nel suo ottimismo: forza Asia, siamo tutte con te!

(p.c.)

Via | Corriere

Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte per bestemmie in Pakistan

Asia Bibi, la donna cristiana accusata in Pakistan di aver bestemmiato, ha ricevuto dal tribunale di Lahore una condanna a morte. E il mondo si mobilita nuovamente per lei.

Asia Bibi è stata condannata a morte l’Alta Corte di Lahore, il 16 ottobre 2014, ha confermato la sentenza di primo grado del 2010. La donna cristiana, arrestata nel giugno del 2009 con l’accusa di essere una bestemmiatrice, subirà la condanna peggiore, la condanna a morte.

A nulla sono valse le ragioni della difesa, dal momento che, come sottolineato da Naeem Shakir, anche lui cristiano, il giudice Anwar ul Haq ha ritenuto credibili le accuse mosse contro Asia Bibi da due sorelle musulmane, che hanno rilasciato una testimonianza sulle blasfemia commessa dalla donna.

Sono quelle con cui Asia aveva avuto l’alterco e da cui è nato il caso. La giustizia è sempre in mano agli estremisti.

Il caso risale al 14 giugno del 2009, quando la donna aveva offerta dell’acqua raccolta in un pozzo a due donne che l’avevano aiutata: le due donne l’avevano accusata di aver inquinato la fonte, perché cristiana e quindi infedele, e l’avevano denunciata per insulti al profeta Maometto. 5 giorni dopo è stata formalizzata l’accusa e la donna è stata arrestata.

Da quanto è stata arrestata, Asia Bibi ha avuto il sostegno della comunità internazionale: dopo la prima condanna a morte erano state raccolte 400mila firme per la sua liberazione e anche papa Benedetto XVI aveva lanciato un appello perché venisse annullata la condanna a morte.

Dopo la conferma della sentenza di primo grado, Amnesty International ha parlato di una grave ingiustizia, mentre il marito della donna, madre di 5 figli che ha sempre respinto le accuse, ha già chiesto agli avvocati di fare appello alla Corte Suprema, l’ultimo grado di giudizio.

La storia ricorda tristemente quella di Amina, la giovane donna condannata a morte in Nigeria per adulterio, dove la pena è la lapidazione. La condanna aveva provocato la reazione dei media di tutto il mondo: una campagna di sensibilizzazione che portò all’assoluzione della donna il 25 settembre 2003.

Speriamo che per Asia Bibi il finale sia lo stesso: non facciamo calare il silenzio su storie come queste. Anche perché chissà quante ce ne sono al mondo e quante poche emergono e vengono portate all’attenzione internazionale.

Asia Bibi

Foto | da Pinterest di claudia huerta

Via | Corriere

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ultimo aggiornamento: 11-12-2014