La Ferrari 330 P3 nasce come evoluzione della P2. L’affascinante disegno esterno, ulteriormente affinato, prefigura quello del modello che diventerà uno dei più grandi capolavori dell’azienda del “cavallino rampante”: la 330 P4.

E’ un’opera d’arte dovuta all’abilità creativa del carrozziere Piero Drogo, ritornato in Italia dopo una parentesi in Sud America. Bassa e acquattata, con ampio e avvolgente parabrezza, sfoggia un frontale rastremato e una coda tronca, raccordata all’abitacolo da splendide pinne. Si tratta di una vera scultura da corsa. Le ampie prese d’aria sono perfettamente integrate nelle superfici che rivestono così brillantemente il leggero involucro in alluminio. Viene realizzata in versione chiusa e aperta, berlinetta e spider.

E’ una macchina vincente ma poco affidabile. Paga lo scotto di una messa a punto non ottimale. L’esperienza maturata nelle corse si rivelerà di impareggiabile giovamento nella definizione della sua gloriosa discendente. Rispetto alla progenitrice è più leggera, muscolosa e maneggevole. Pesa 720 kg ed è spinta da un motore posteriore longitudinale di 4 litri (a 12 cilindri), che sprigiona la potenza di 420 Cv a 8200 giri al minuto.

Sulla 330 P3 la classica e romantica batteria di carburatori Weber viene rimpiazzata da un sistema di alimentazione a iniezione indiretta Lucas, che impone radicali interventi al propulsore, ben diverso da quello della P2 e più snello di quasi 30 Kg. Significativi cambiamenti interessano il monoblocco e le testate. Il telaio tubolare è dotato di sottoscocca in vetroresina nel nucleo centrale, che diventa quasi portante. Ne deriva una grande robustezza torsionale e flessionale, che assicura la giusta resa alle sollecitazioni provenienti dai campi di gara. Il cambio a 5 rapporti è per la prima volta di produzione ZF.

Una scelta conseguente alle forti agitazioni vissute dal mercato del lavoro italiano, che non regalano certezze sui tempi di realizzazione interna di questa importante componente. E nelle corse, come si sa, i ritardi si pagano a caro prezzo! Sin dalla prima sfida del 1966, che si disputa sul circuito di Sebring, la 330 P3 condotta da Parkes e Bondurant, esprime il suo elevato potenziale, lottando senza complessi, sia in prova che in gara, con le mastodontiche Ford di sette litri di cilindrata. Purtroppo non riesce a tagliare la linea del traguardo, a causa di uno spiacevole inconveniente alla trasmissione. Si rifarà un mese dopo, alla 1000 km di Monza del 25 aprile, con lo splendido successo conseguito da Surtees e Parkes.

Di ben altra matrice l’epilogo della Targa Florio, che si disputa sulle insidiose strade del catino madonita, suggestivo e severo come pochi altri. Vaccarella e Bandini saranno infatti? (perchè infatti, debbo studiare la targa del 63) costretti al ritiro. Due settimane dopo arriverà ancora un trionfo, con Parkes e Scarfiotti, alla 1000 km di Spa-Francorchamps, su un circuito veloce e ben diverso da quello siciliano. E’ la classica luce prima del buio. Le gare successive (la 1000 km del Nurburgring e la 24 Ore di Le Mans) registreranno la resa delle P3 per noie tecniche, sfortuna o incidenti.

Nella classica maratona francese si aggiunge anche lo smacco dell’arrogante successo Ford, che chiude in parata e si aggiudica di misura il Campionato Mondiale Marche. L’affermazione della Casa di Detroit, che non si risparmia, pur di infierire contro un Commendatore reo di non aver ceduto alla loro offerta di acquisto, è per Ferrari un boccone amaro. Una cocente sconfitta che lo tormenterà per molte notti. Il piccolo Davide medita la rivincita contro il grande Golia. Il riscatto arriverà l’anno dopo a Sebring, con la 330 P4 che restituirà al rivale il favore della parata sotto la bandiera a scacchi.

Foto | Autosgodrive.com

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ultimo aggiornamento: 05-01-2014